03.12.05

Ottavio Missoni: non sapevo di essere innovativo mentre lo facevo

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Dopo avere raccontato con grande brio la sua vita tra sport e creatività, Ottavio Missoni si confronta con gli studenti e il pubblico presente. Nel dibattito, guidato da Piero Bassetti, sono intervenuti il prof. Alessandro Sinatra e Giacomo Correale Santacroce.

Piero Bassetti: L'essenza dell'innovazione creativa è saper mettere insieme creatività, lavoro e tecnologia. Quel riferimento che Missoni ha fatto alle macchine e al condizionamento che la tecnologia impone secondo me è molto importante. Tra creatività e tecnologia c'è un rapporto.

Ottavio Missoni: Noi avevamo una parte creativa, ma io ho fatto la gavetta con le macchine, sapevo come funzionavano, facevo i disegni sulla carta quadrettata e sapevo tecnicamente quali erano i materiali che dovevo adoperare e sapevo come utilizzarli con le macchine che avevamo a disposizione.

PB: Al di là delle apparenze c'è molto mestiere. Ma le cose che creavi come venivano proposte a donne e uomini? Come siete passati dalla soddisfazione di avere creato un bel golf o una bella sciarpa al fatto che tutti indossassero i vostri capi?

OM: Il nostro mercato non è mai stato programmato. Fino agli anni '70 di soldi per la pubblicità non ne spendevamo, anche perché non ne avevamo da spendere, dovevamo essere molto attenti nella gestione.
La pubblicità ci veniva data spontaneamente dai giornali perché proponendo qualcosa di diverso la stampa parlava di noi senza che la sollecitassimo. Io, la prima copertina, l'ho avuta a Parigi, neanche in Italia, e la copertina era importante, ma l'ho avuta senza pagare una lira. E' stato un successo di passaparola da parte della clientela che ha trovato belle queste sciarpine che sono diventate quasi tradizionali. Ma non è qualcosa che avessimo programmato, è venuto spontaneo dai clienti e dalla stampa.

PB: Quando tu vedevi che la gente cambiava modo di vestire, dentro di te sentivi qualche forma di responsabilità per avere introdotto questo cambiamento?

OM: Avevo piacere a vedere che queste cose venivano indossate, anche perché era un modo innovativo. E' chiaro che facesse piacere. Io sono stato un innovatore e sono contento che pur evolvendo, cambiando con i tempi, noi siamo rimasti sempre "in tema". Anche perché, se vogliamo dire, c'è differenza tra moda e costume e le grandi innovazioni sono state jeans, T-shirt e scarpe da tennis. Anche la minigonna, che però ad un certo punto è stata soppiantata dai pantaloni.
Ma lasciatemi dire un'altra cosa: ho visto aziende per cui l'innovazione era produrre e vendere il prodotto ad una lira di meno di quello del concorrente. A me sembra assurdo, il ragionamento dell'innovazione è al contrario: se tu vendi un prodotto nuovo deve costare una lira di più, ma senza fare il passo più lungo della gamba.

PB: L'innovazione di tipo competitivo - quella della lira in meno - è diversa dall'innovazione creativa. Riprendendo la tua esperienza sportiva, quando tu gareggiavi correvi in corsia e non ti saresti mai permesso di saltare nell'altra corsia; quando sei diventato imprenditore hai saltato sempre nell'altra corsia! Competere e innovare sono due cose molto diverse: per competere un passo in più e un secondo in meno vuol dire vincere, per innovare serve la novità che ti porta a vincere anche se corri meno. Questo è un discorso centrale per capire che cos'è l'innovazione.

Domanda dal pubblico: Ha mai avuto dei dubbi?

OM: Io sono pieno di dubbi ed è forse solo grazie a questi dubbi che sono riuscito a fare qualcosa. Se avessi avuto solo delle certezze forse sarei stato molto più sereno, ma con le sole certezze non avrei fatto molto. Ma quelli con le certezze non sono personaggi che mi piacciono. I dubbi ci sono perché ogni cosa che fai non sai se è quella giusta e ti domandi se la stessa cosa avresti potuto farla meglio. L'importante è non avere le certezze!

Domanda: Ha incontrato grandi difficoltà?

OM: Se ne incontravo, facevo finta di non conoscerle! Quando le incontri, fai finta di non esserci!

Domanda: Perché proprio la maglia? E' stato un caso?

OM: E' stato un caso. Un mio amico, Giorgio Oberweger, aveva una macchina di maglieria, poi ne abbiamo comprata un'altra e abbiamo fatto società. E' così che ho trovato questo mestiere della maglia.

PB: All'inizio hanno avuto successo perché hanno fatto la prima bella tuta sportiva che aveva un accorgimento che ancora oggi è rivelatore di stile: la parola "Italia" non era in bianco, ma era in negativo. E credo che questa tuta sia sta importante per l'inizio del successo dell'impresa. Aveva anche un'altra cosa intelligente: la lampo lunga sul polpaggio perché si togliesse facilmente e questo è un segno del mestiere. Molto del successo del Made in Italy è fatto dalle piccole trovate, come l'accorgimento della lampo lunga, che fanno dire "Questa cosa qui è meglio di un'altra!".

OM: Nel caso dell'abbigliamento, la prima cosa è scegliere materiali e forme in funzione delle esigenze di chi indosserà il capo. In un secondo tempo interviene l'estetica e a questo punto puoi anche migliorare il prodotto.

Domanda: E' possibile rendere istituzionale all'interno dell'azienda il processo che lei ci ha raccontato?

OM: Io sono stato fortunato, ma non c'è sempre l'opportunità di scegliere il proprio mestiere. Se uno ha la fortuna e la capacità di individuare una "fascia di lavoro" che coincida con il suo interesse personale, ecco che questo lavoro lo interessa, lo affascina. E' una cosa molto individuale, mi auguro che tutti possano scegliere un mestiere, un lavoro nel quale possano identificarsi e trovare interesse.

PB: Questo è il problema delle motivazioni. Ma come trasferisci queste motivazioni ad una macchina produttiva, ad un'impresa?

OM: Questo viene in un secondo momento, è una conseguenza. Se uno può scegliere, poi da cosa nasce cosa.

Domanda: Lei ha iniziato nel 1953, ma se avesse dovuto iniziare adesso?

OM: Per essere innovativi, all'epoca i tempi erano abbastanza favorevoli. Questo perché eravamo in pochi, stava morendo l'alta moda e stava nascendo quello che poi è stato chiamato il prêt-à-poter e il campo era abbastanza vergine. Negli anni '70 a Milano eravamo 7 e oggi siamo 300 e questo vuol dire che c'è stato spazio per altri anche in tempi successivi. Certo oggi sarebbe più difficile, magari useremmo delle altre regole, non vi saprei dire che cosa succederebbe se io dovessi iniziare un'attività adesso. I miei figli lavorano diversamente, ma non hanno tradito le origini della bottega.

Domanda: Quali stimoli le facevano creare i nuovi modelli e inventare le fantasie?

OM: Sono gli stimoli, miei, tuoi, di tutti.Davanti alle scelte, ai problemi, ognuno li affronta secondo le proprie esperienze, secondo la propria cultura, il proprio vissuto. Metti insieme tutte le esperienze e ti comporti di conseguenza. Più che uno stimolo iniziale, è la riposta ad un problema che ti si pone e che risolvi in un certo modo. Un'altra persona che deve affrontare lo stesso problema, magari lo risolve in un'altra maniera. Non ci sono stimoli particolari, ma cerchi di fare le cose come ti viene in quel momento.
Io facevo la maglia e non era un fatto di moda, ma il risultato di due componenti: la materia e il colore. Questi erano gli elementi di base del mio lavoro, oltre a conoscere la tecnica e sapere che cosa succedeva durante la lavorazione con le macchine. Quindi per la scelta dei colori, gli stimoli venivano da tutte le parti, dall'arte moderna, dall'arte antica. Non che io mi ispiri alla natura, ma tutto arriva dalla natura. I grandi artisti si ispirano alla natura e io mi ispiro ai grandi artisti. I colori sono come le note musicali che sono solo sette, ma guarda quante melodie sono state composte nel corso dei secoli! Ognuno si esprime attraverso certe scelte, scegliendo un proprio modo di mettere insieme i pezzi. E' l'esperienza che ti forma, anche quella della bottega, ma non c'è nessuna scuola che può insegnare queste cose.
Magari la teoria dice che due colori di un certo tipo non possono essere abbinati perché stridono, ma nella pratica puoi trovare un colore che in mezzo agli altri due riesce a legarli e a rendere armonico l'insieme.

PB: L'innovazione estetica è un modo nuovo di piacere alla sensibilità e questo modo nuovo lo puoi raggiungere seguendo certe regole - per esempio in musica le regole dell'armonia - oppure andando contro ad alcune di queste regole. Lo stesso è con l'armonia dei colori: a volte un incrocio eterodosso, proprio perché è nuovo, può essere quello che piace di più.

Domanda: Crede che le letture fatte durante la sua prigionia siano state importanti per le sue esperienze successive?

OM: Come ho già detto, credo che la lettura sia miracolosa. Anche ai miei figli ho sempre raccomandato la lettura, non che li obbligassi, ma facevo girare in casa certi libri e li lascivao in giro casualmente e loro magari li leggevano! La mia vera scuola di pensiero è stata la lettura. Poi ognuno sceglie e seleziona, ma l'importante è conoscere. La lettura è fondamentale per la formazione. Per me l'osteria e la lettura sono state la mia scuola!

PB: Io mi ricordo che agli allenamenti di Perugia il Missoni mi regala Cardarelli e io ce l'ho sempre. E davvero con pochi euro, comprando un libro vi comprate la possibilità di passare qualche ora con chi volete. Io questo l'ho imparato da Prezzolini con Saper leggere, bellissimo libro.

Domanda: Tornando al discorso della tecnologia. Poco fa diceva che all'inizio avevate macchine che facevano righe orizzontali e avete prodotto maglie a righe; poi sono arrivate macchine che facevano lo zig-zag e avete prodotto maglie a zig-zag. Ma chi produceva queste macchine, lo faceva per conto proprio o c'era un contatto tra voi e i produttori di tecnologia? E chi vi forniva la tecnologia dove stava?

OM: Chi ci forniva la tecnologia stava qui intorno. Noi dipendevamo da qui sia per tingere una lana, sia per un ago, per tutto. Noi abbiamo tutte macchine Jacquard, così si chiamano, ma una volta per progettare un disegno era tutto a catena con i chiodi, dovevo progettarlo e farlo e poi dopo un mese riuscivo ad avere il risultato. Adesso c'è il computer che legge tutto benissimo. La tecnologia ti aiuta moltissimo, anche perché adesso il risultato io ce l'ho in 24 ore, una volta aspettavo due mesi per vedere che cosa succedeva. Noi abbiamo recuperato certe macchine di ricamifici che già esistevano nella zona di Gallarate negli anni '20 e che nessuno sapeva più fare funzionare. Abbiamo dovuto chiamare qualche vecchio operaio che le conosceva per farle funzionare. Noi le abbiamo riattivate anche perché erano macchine straordinarie queste Jacquard, non hai idea di quello che facevano! E la macchina è straordinaria anche per le invenzioni, per darti delle idee. Completamente diverse da quelle macchine che potevano fare solo righe. Con i produttori di macchinari si cercava di recuperare anche roba vecchia.
Non c'entra con la tecnologia, ma quando abbiamo inventato i "fiammati", in realtà li abbiamo trovati a casa della Rosita. A casa dei suoi nonni producevano gli scialli veneziani con cui negli anni '20 e '30 si facevano anche gli abat-jour e loro avevano tutto questo materiale di ryon di quattro, cinque colori e ricamandolo con le macchine il fiore veniva multicolorato. Noi l'abbiamo preso e l'abbiamo trasferito nella maglieria e c'era già una tecnologia di tingere in un certo modo. Abbiamo recuperato molte cose, compreso il ryon come materiale, per rimetterle in circolo. I filati erano pochi, io andavo a prendere i filati nelle tessiture e poi li abbinavo con i filati che trovavo: era una ricerca che veniva adattata alla tecnologia che ti permetteva di fare queste cose. Sono stato il primo ad andare a stampare la lana e il cotone a Como e mi mandavano via a pedate con le duecento pezze da far stampare. La maglia non la potevano stendere come il tessuto e ne ho trovato uno solo che mi ha dato retta e abbiamo stampato per primi la maglia a Lecco.

Prof. Sinatra: E' molto interessante la testimonianza che ci è data qui oggi perché ci aiuta a decostruire quella visione romantica che descrive l'innovazione come la pensata di un momento. In realtà l'innovazine è il frutto di un processo di verifica, di sperimentazione, di prova.

OM: Ma io non sapevo di essere innovativo mentre lo facevo!

Prof. Sinatra: Ma infatti è la professionalità con cui uno cerca di costruire il proprio mestiere che, unita alle capacità dell'attore, può produrre innovazione. Innovazione vuol dire sapere molto bene quali sono i limiti tecnologici e poi aprire alla novità.

OM: Ci vuole la curiosità, la ricerca, la sperimentazione, provare più volte la stessa cosa.

Prof. Sinatra: Un'altra cosa per me fondamentale è che tutto questo è cultura.

OM: E' quello che io chiamo esperienza, che è la somma di culture varie, quello che hai bevuto di notte con gli amici, quello che hai letto, quello che hai conversato. Tutto si somma e viene tradotto in un risultato.

PB: E questo secondo me è la ragione del successo dell'innovazione italiana, il contenuto di umanesimo.

Prof. Sinatra: E da qui deriva l'assoluta difficioltà a copiarlo, perché è un prodotto di cultura che non è trasferibile.

Domanda: Voi fate lavorare artigiani della zona? E in futuro sarà ancora così?

OM: Tutto quello che facciamo nasce nella nostra azienda, che è abbastanza piccola, ha 250 dipendenti. Non facciamo nascere cose al di fuori, se non quello che, come gioielli o scarpe, viene fatto su nostro progetto ma in ditte specializzate che collaborano con noi. Noi abbiamo poche licenze, una sugli occhiali e ne avremo una molto importante sul profumo, finalmente.

Domanda: I dipendenti sono puri esecutori o hanno una capacità creativa?

OM: Alcuni dipendenti hanno capacità creative: per esempio la mia assistente ha capacità creativa perché lavora con me, ma la maggior parte sono quelli che eseguono, anche se devono conoscere bene il loro mestiere.


by Valentina Porcellana on 03.12.05 at 09:30 | Permalink |

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by Francesco Grigoli on 23.12.05 at 19:36

Dall'incontro con Ottavio Missoni emerge chiaramente la sua capacità comunicativa che lo rende un personaggio simpaticissimo.
Quando racconta la sua vita, lo fa enfatizzando i suoi hobby (il dormire, l'atletica leggera e la lettura). Le qualità ereditate da questi passatempi, in particolare lo sport (cattiveria agonistica, rispetto dell'avversario), hanno determinato poi il suo atteggiamento imprenditoriale.
Fondamentale è la capacità di cogliere le opportunità (alertness): risulta breve infatti il passo che lo porta dal vedere la macchina da cucire della zia a creare una società con la moglie. Tuttavia non nega che il settore della maglieria ai tempi del suo esordio era sicuramente più favorevole ai nuovi entranti.
Rompendo da subito gli schemi, crea un nuovo genere di abbigliamento, delle nuove fantasie (fortemente ispirate dalle possibilità tecniche delle macchine utilizzate) fino ad istituzionalizzare il "put together".


by Barbara Ottonelli on 08.01.06 at 20:26

L'intervento di Ottavio Missoni è stato più una testimonianza di esperienza di vita che di lavoro e sono d'accordo con lo stilista nel pensare che il lavoro è caratterizzato da una forte componente individualistica, nel senso che è una scelta legata all'interesse personale, non un semplice dovere; la motivazione nel lavoro è, infatti, essenziale per poter svolgere una mansione nel migliore dei modi.
Inoltre credo che il successo di Missoni sia dovuto non solo alla creatività e quindi ad innovazione di tipo "poiesis", ma anche ad un contesto temporale e sociale diverso da quello odierno.
Infatti, negli anni '70 stava nascendo il prêt-à-porter e quindi l'Azienda si è ritrovata in un momento molto favorevole per essere innovativi nel campo dell'abbigliamento; oggi sarebbe molto più difficile affermarsi in un settore del genere dove la competizione è molto elevata anche a livello internazionale.
Infine è curioso come una persona possa intraprendere un'idea imprenditoriale e costruire un'impresa di successo anche senza avere delle basi accademiche e basandosi su esperienze personali diverse (come ad esempio la prigionia), interessi (la letteratura) e passioni (atletica) che formano una personalità sempre spronata a conoscere.


by Erica Cancellu on 27.01.06 at 13:00

La testimonianza di un imprenditore come Ottavio Missoni è di forte contenuto educativo per noi studenti: è strabiliante pensare a quello che è riuscito a raggiungere partendo con risorse così scarse, e all' umiltà con cui affronta ancora oggi il suo successo indiscusso.
La sua è stata una realizzazione dell' improbabile, una rottura con gli schemi tradizionali basata sulla sperimentazione e invenzione day by day e sulla specializzazione.


by francesca poletti on 29.01.06 at 16:13

La testimonianza di Ottavio Missoni credo sia stata un ottimo esempio di come la voglia di fare e il credere nelle proprie capacità possa portare ad ottenere un grande successo.
Sicuramente nel contesto odierno e con il continuo intensificarsi del livello competitivo risulta più difficile e parallelamente più rischioso riuscire a conquistare una posizione strategica, tuttavia credere in quello che sembra improbabile e riuscire a realizzarlo prima che arrivi qualcun'altro è ciò che differenzia le aziende di grande successo e che oggi godono di una posizione di leadership.
Inoltre sono d'accordo con la riflessione di Ottavio Missoni riguardante le potenzialità che offrono le esperienze e le conoscenze di ciascun individuo.
Io credo che ciò che ci viene insegnato nelle università sia molto importante ed è nostro compito farne "tesoro" ma è altrettanto importante porsi con l'umiltà di essere disposti ad imparare ogni giorno cose nuove, anche quello che ci sembra più semplice e apparentemente meno costruttivo.


by Giuseppe Azzone on 30.01.06 at 17:24

Io ritengo che la generosa simpatia di Missoni non sia frutto di superficialità, ma un semplice velo ironico che ricopre la grande volontà di Missoni di rendere speciale una cosa banale come un "semplice" maglione a righe, spinto dalla forza di necessità e, perchè no, sopravvivenza.
Fortissima è la presenza di Poesis innovation. Un mix di creatività, buon gusto ed eleganza.
Un grande artista che ha tessuto la maglia come un grande artista dipinge la tela.


by Valentina Porcellana on 11.02.06 at 10:38

Caleidoscopio Missoni
Una mostra a Gorizia dedicata all'arte di Ottavio e Rosita Missoni

Dall'11 febbraio è aperta a Gorizia, negli splendidi spazi del settecentesco Palazzo Attems-Petzenstein, la mostra "Caleidoscopio Missoni" che intende ripercorrere l'avventura artistica dei Missoni, puntando l'obiettivo sulla sperimentazione in campo tessile, sull'innovazione delle tipologie vestimentarie e sull'esperienza artistica nella creazione di arazzi in forma di patchwork.

La mostra è stata concepita come percorso multisensoriale in cui i visitatori possono vedere, toccare e sentire immagini, disegni, stoffe e oggetti rivestiti, per vivere lo stile e la filosofia del colore Missoni. Sarà presentata la collezione personale degli arazzi patchwork di Ottavio Missoni, composta da oltre 40 esemplari di grande formato, insieme a più di 100 pezzi tra abiti, maglie, oggetti e tessuti di arredo articolati in una serie di installazioni dal sensazionale effetto caleidoscopico. Si crea così uno spettacolare percorso organizzato per motivi decorativi: righe multicolori, zigzag, fiammati, grafismi e geometrie che fin dagli anni Sessanta sono riconosciuti nel mondo della moda e del design come tratti distintivi del lavoro artistico di Missoni.

La vocazione ad occuparsi di moda dei Musei Provinciali di Gorizia viene dalla peculiare fisionomia delle proprie raccolte, che racchiudono un Museo della Moda e delle Arti Applicate, la cui collezione tessile di particolare rilevanza ne fa un unicum in regione ed un raro esemplare a livello nazionale. Nello specifico, la scelta di dedicare una grande mostra a Missoni coniuga due livelli diversissimi, quello di uno strettissimo legame con il territorio regionale e quello di un ampio risalto internazionale. Il legame con il territorio nasce evidentemente da ragioni squisitamente biografiche, legate alla vita di Ottavio, dalmata di nascita e triestino d'adozione, ma è stato ribadito e rinsaldato in più occasioni, l'ultima delle quali la realizzazione dell'opera "Armonia delle diversità" che ha rappresentato la Regione Friuli Venezia Giulia all'Expo 2005 di Aichi in Giappone e che sarà esposta per l'occasione a Gorizia.

E' un confine sottile quello che divide la moda dall'arte, e in alcuni casi una vera e propria linea di demarcazione non c'e', come per il lavoro dei Missoni, iniziatori di una visione estetica 'multicolore' che, applicata alla moda, ha influenzato lo stile di vita contemporaneo. Questo ruolo di innovatori all'interno della cultura contemporanea ha trovato nel tempo importanti riconoscimenti anche in sede museale. Primo tra questi il Whitney Museum of American Art di New York quando nel 1978 ospito' la mostra retrospettiva sui 25 anni di Missoni. Sempre a New York, alcuni abiti Missoni furono esposti al Guggenheim Museum quando, nel 1994, il critico Germano Celant, assertore dei rapporti che, trasversalmente, legano i linguaggi dell'immagine, curo' la mostra "The Italian Metamorphosis 1943-1968".
Gia' nel 1975 il lavoro di Ottavio Missoni venne esposto a Venezia alla Galleria d'Arte "Il Naviglio" in una mostra personale curata da Guido Ballo dal titolo "Missoni e la macchina mago". A questa mostra se ne affiancarono molte altre e tra queste possiamo citare "Missoni: l'Emozione della Materia" nel 1988 al Museo delle Arti Applicate di Zagabria, "Missonologia" nel 1994 al Museo per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, "Opera" nel 1996 al Sezon Museum di Tokyo. Piu' recentemente, nel 2003, anche il Mode Museum di Anversa e il Victoria & Albert Museum di Londra hanno dedicato le loro sale a mostre retrospettive sui Missoni.

La mostra, curata da Luca Missoni, sarà visitabile a Palazzo Attems-Petzenste a Gorizia infino al 4 giugno 2006.
Il catalogo è edito dai Musei Provinciali di Gorizia e curato da Raffaella Sgubin, Sovrintendente dei Musei Provinciali di Gorizia.

Palazzo Attems-Petzenstein
Piazza De Amicis, 2 - Gorizia
Orari: tutti i giorni h 9.00-19.00.
Chiuso il lunedì, tranne il 17 e il 24 aprile e il 1 maggio