Il Sole 24 Ore, 1 dicembre 2005 La scintilla dell'ingegno e le sue radici biologiche DI HELEN PHILLIPS ----------------------------------------------------- Sono secoli che l'uomo studia il fenomeno della creatività, forse sin dai tempi in cui ha sviluppato il pensiero e la coscienza di sé. Dato che l'intuizione creativa sembra davvero arrivare all'improvviso, quasi dall'alto, il merito è stato qua e là attribuito agli dei, agli spiriti o - ai giorni nostri - al quoziente di intelligenza e al subconscio. L'unica parte del processo che conosciamo è il momento dell'intuizione. Tuttavia, idee e progetti creativi possono stare in incubazione - magari inconsapevolmente - per mesi o persino anni. Non sorprende, quindi che la creatività sia a lungo tempo sfuggita a un vero approccio scientifico. All'inizio degli anni 70 era ancora vista come un tipo di intelligenza. In quegli anni però, per merito di Paul Torrance, furono sviluppati dei test di misurazione del quoziente di intelligenza e del talento creativo più precisi: divenne subito evidente che il nesso tra i due non era così banale. Le persone creative sono intelligenti, in termini di quoziente di intelligenza, ma semplicemente nella media o poco più. Oltre un certo livello, e a seconda della disciplina, il quoziente di intelligenza non aiuta a scatenare la creatività: è necessario, ma non sufficiente. Non potendo studiare il processo creativo vero e proprio, la maggior parte dei primi studi si è concentrata sulla personalità. Secondo lo specialista Mark Runco, dell'Università della California a Fullerston, la personalità creativa tende ad attribuire un grande valore alle qualità estetiche e ad avere interessi molteplici, che le forniscono risorse a cui attingere e nozioni da ricombinare in soluzioni innovative. Le persone creative sono attratte dalla complessità e hanno la capacità di gestire ciò che è in conflitto. Sono in genere estremamente motivate, forse persino un po' ossessive. I soggetti meno creativi, al contrario, hanno la tendenza all'irritabilità se non riescono a combinare immediatamente tra loro tutti gli elementi, non tollerano la confusione. La creatività affiora in coloro che sanno aspettare, ma solo in quelli che si sentono a loro agio nel convivere con una certa mancanza di chiarezza. A volte però, c'è un prezzo da pagare, per secoli, il talento creativo è stato spesso associato alle malattie mentali. Kay Redfield Jamison, scrittore e psichiatra all'Università Johns Hopkins a Baltimora che soffre di disturbo bipolare, ha scoperto che gli artisti affermati hanno una certa tendenza a sperimentare disturbi dell'umore. A suo parere, l'elemento scatenante dell'evento creativo potrebbe essere il cambiamento dell'umore e non, piuttosto, lo stato d'animo negativo di per se stesso. Allo stesso modo, alcune caratteristiche della schizofrenia sono tendenzialmente più presenti nelle persone creative. Lo psichiatra Gordon Claridge di Oxford, usa una "scala della schizotipia" per classificare alcuni aspetti della malattia che non sono patologici di per se stessi, come avere allucinazioni, sentire voci, avere pensieri incoerenti, credere nella magia e così via. I soggetti con queste caratteristiche tendono a ottenere un buon punteggio nei test di pensiero laterale, divergente e aperto; mentre coloro che raggiungono il punteggio più elevato trovano che queste tecniche di pensiero siano distruttive. L'intelligenza può aiutare a canalizzare questo stile di ragionamento verso qualcosa di fortemente creativo. Ma il pensiero laterale, se combinato con problemi emotivi, può portare a qualche patologia mentale. Jordan Peterson, uno psicologo dell'Università di Toronto, ha individuato un meccanismo che aiuterebbe a spiegare questo aspetto. A suo dire, il cervello dei creativi è più aperto alla ricezione di stimoli. I nostri sensi tempestano il cervello con una valanga di informazioni, il quale deve filtrarne o bloccarne la maggior parte per evitare di restarne sepolto. Peterson chiama questo processo "inibizione latente" e sostiene che gli individui nei quali è meno sviluppata hanno un quoziente di intelligenza piuttosto alto e una memoria ben allenata, possono destreggiarsi assai meglio in questa miriade di informazioni ed essere, così, più aperti a nuove possibilità e nuove idee. Quindi, secondo Peterson, la malattia mentale non è un presupposto necessario della creatività, ma ne condivide alcuni aspetti cognitivi. E dell'atto creativo in se stesso cosa si dice? Uno dei primi studi sul cervello in azione è stato fatto da Colin Martindale, psicologo dell'Università di Maine a Orono. Nel 1978, Martindale usò una rete di elettrodi applicati al cuoio capelluto di alcuni soggetti per produrre un elettroencefalogramma mentre questi elaboravano delle storie. Dimostrò che la creatività ha due fasi: l'ispirazione e l'elaborazione. Quando le "cavie" inventavano delle storie, l'attività cerebrale era stranamente ridotta: come se l'attività cosciente fosse a riposo, mentre il cervello creava connessioni dietro le quinte. Era la stessa sorta di attività cerebrale tipica di alcune fasi del sonno, il che poteva spiegare perché il sonno e il relax aiutano le persone a essere creative. Tuttavia, quando gli individui in stato di quiescenza cerebrale venivano sollecitati a lavorare sulle loro storie, l'attività di onde alfa svaniva e il cervello diventava attivo, con un risveglio corticale crescente. Sorprendentemente, sono stati i soggetti con maggior scarto in attività cerebrale - tra fase di ispirazione e fase di elaborazione - a produrre le trame più immaginifiche. Nulla, nella loro attività cerebrale nascosta, ha permesso di identificarli come creativi o non-creativi. "È come se l'individuo più creativo dice Guy Claxton, psicologo dell'Università di Bristol in Gran Bretagna - non riuscisse a cambiar marcia. La creatività richiede diverse modalità di pensiero. Le persone molto fantasiose si muovono tra di esse in modo intuitivo". La creatività non è altro che flessibilità mentale: forse non un processo strutturato in fasi successive, ma il passaggio tra due stati della mente. In uno studio più recente, Martindale ha scoperto che questa commutazione di attività è particolarmente evidente nel lato destro del cervello. Tuttavia alcuni soggetti, ai quali sono state interrotte le connessioni tra i due lati dell'encefalo per curare un'epilessia refrattaria, sembrano essere meno fantasiosi, mostrando così che la comunicazione tra il lato destro e quello sinistro è pure importante. I ricercatori stanno ora lavorando sugli aspetti anatomici della fecondità mentale. Studi sul cervello di soggetti con particolari tipi di creatività mostrano che le aree attive variano in funzione del sapere specialistico usato, e ciò non sorprende. Il linguaggio, l'immaginativa, la consapevolezza spaziale e così via sono grossomodo localizzati in una più aree dell'encefalo. Matematici e fisici potrebbero avere dei lobi parietali più estesi, che sono importanti per la rappresentazione spaziale; mentre gli scrittori avranno le regioni del linguaggio assai distribuite sui lobi frontale e temporale, forse addirittura estese su entrambi i lati del cervello, quando di norma sono confinate a quello sinistro. Queste aree specializzate non sono le sole a essere attive. L'uso creativo di informazioni richiede coordinazione tra più aree. "La sintesi creativa necessita una nuova organizzazione che porti innumerevoli aree cerebrali a essere simultaneamente attive", dice Claxon. Quando ci concentriamo su qualcosa che non richiede immaginazione, come quando leggiamo la bolletta del gas, ci sono meno centri attivi e una minor attività di sintesi. Ingegerd Carlsson, psicologa dell'Università di Lund in Svezia, e i suoi colleghi potrebbero; hanno scoperto un aspetto che potrebbe accomunare diverse forme di creatività. Quando si eseguono delle istruzioni impegnative in termini di inventiva, ad esempio fare l'elenco più esteso possibile dei vari usi di un oggetto, i lobi frontali sono marcatamente più attivi: sono i lobi preposti a modificare strategia e a spostare l'attenzione da un compito all'altro. I lobi frontali contribuiscono pure a coordinare le connessioni tra le diverse aree cerebrali, controllando la produzione di sostanze chimiche atte alla trasmissione dei segnali nervosi, come spiega il neurologo David Beversdorf dell'Università dell'Ohio. La cosa che accomuna gli stati mentali in condizione di riposo, il sonno e la depressione, con pari livelli di creatività, è la carenza di un trasmettitore chimico chiamato noradrenalina, o norepinefrina. Questo mediatore chimico controlla la facilità con cui i neuroni parlano tra loro. In scarsa quantità stimola la comunicazione in reti di neuroni larghe, mentre in quantità superiore focalizza l'attività su reti più piccole e serrate. Pazienti trattati con precursori della noradrenalina trovano che la loro abilità creativa a risolvere cruciverba sia rallentata, dice Beversdorf, mentre prodotti come il propranololo, che bloccano tale sostanza chimica, aiutano i pazienti a eseguire meglio compiti come la soluzione di anagrammi. Paul Howard-Jones, che lavora con Claxton a Bristol, pensa di aver individuato un altro aspetto della creatività. Ha chiesto a dei soggetti di inventare una storia partendo da tre parole e ha esaminato la loro attività cerebrale con una risonanza magnetica funzionale per immagini. In una prima prova è stato chiesto alle persone di non sforzarsi e produrre la storia più ovvia suggerita dalle parole. In una successiva è stato loro chiesto di lavorar di fantasia, e le parole venivano cambiate per renderne gradualmente più difficile la connessione. Come i soggetti mettevano maggior impegno per inventare racconti più originali, si riscontrava un incremento di attività in una precisa regione cerebrale pre-frontale, sul lato destro che si estendeva all'indietro verso una regione più profonda chiamata corteccia del cingolo anteriore. Secondo Howard-Jones, queste aree giocano un ruolo importante nel monitoraggio del conflitto, aiutandoci a flitrare le combinazioni di parole desiderate e a eliminare quelle inutili. Ciò evidenzia un altro aspetto della creatività: l'elaborazione di una storia - soprattutto se complessa - genera molte opzioni da selezionare. Quindi, la creatività non è altro che un processo cosciente di analisi e valutazione delle idee. Il test mostra pure che, maggiore è lo sforzo cerebrale, più la mente può rivelarsi creativa. Per essere veramente creativi, però, occorre ben di più di un personalità portata, di aree e di connessioni cerebrali precise: occorre usarle efficientemente. La capacità, le situazioni e il background sociale forgiano la nostra creatività, tanto drasticamente quanto le risorse cerebrali con cui siamo nati. I soggetti più creativi sfruttano pure il ritmo dei vari momenti della giornata, dei weekend e delle vacanze per alternare stati diversi di concentrazione cerebrale. Possono concedersi una passeggiata dopo due ore passate alla scrivania, perché sanno che ciò giova loro e senza farsi sensi di colpa. La creatività, inoltre, non ha bisogno di solitudine e travaglio, aggiunge Teresa Amabile dell'Harvard Business School. Benché si tenda a porre in relazione l'arte solitaria dello scrivere e la pittura con la tristezza d'animo e i disturbi emozionali, la creatività scientifica e quella nel luogo di lavoro si verificano solo quando le persone sono vitali e ottimiste. In uno studio di realtà imprenditoriali esistenti durato una decina di anni e pronto per la pubblicazione, Amabile sostiene che lo stato d'animo positivo all'interno di organizzazioni sfocia in creatività e il rapporto tra i due è molto lineare. Il pensiero creativo, inoltre, migliora l'umore delle persone, così il processo è anche circolare. I tempi stretti, le pressioni finanziare, le scarne elargizioni di bonus, al contrario, non scatenano affatto la creatività professionale: è la sola motivazione interiore, e non la coercizione, che genera la miglior qualità di lavoro. L'altro aspetto della creatività, spesso trascurato, è sociale. Vera John-Steiner dell'Università di New Mexico a Albuquerque e autrice di "Creative collaboration" (Oxford University Press, 2000) ritiene che per essere veramente creativi occorrono intensi contatti sociali fondati sulla fiducia, e non solo i semplici contatti neuronali. Un requisito essenziale del creativo è che, nella sua vita, incontri almeno qualcuno che non lo consideri matto. @ New Scientist Traduzione di Piera Salto