Il Sole 24 Ore del 27/11/05 Roger N. Pielke Scienza nell' uragano politico Scienziati e politici ormai vedono la scienza esclusivamente al servizio della politica. In altre parole, la scienza è diventata sempre più uno strumento per rafforzare, nei diversi gruppi sociali, la capacità di contrattare, negoziare e concludere un compromesso, nel perseguimento dei propri interessi specifici. Quindi, se ciascuno dei gruppi di interesse in conflitto cerca nella scienza un mezzo per migliorare il proprio status politico, ne consegue che l'azione politica si blocca e la scienza viene ridotta a strumento delle scelte politiche. Ciò crea particolari problemi nelle situazioni in cui l'informazione fornita dalla scienza abbia un peso sostanziale sulla decisione. Per cominciare, tuttavia, se vogliamo dare un senso alla correlazione fra la scienza, la politica (politics) e "l'azione concreta" (policy), dobbiamo anzitutto accordarci sul significato dei tre termini in questione. Per «scienza» intendiamo il sistematico perseguimento della conoscenza; la stessa parola ha un significato tanto vasto da presentare notevoli analogie con altre aree della conoscenza, quali, ad esempio, la raccolta, l 'interpretazione e la diffusione di informazioni militari (come nel caso delle armi di distruzione di massa e dell'Irak). Con il termine policy si intende la scelta di una determinata azione in un campo specifico, con «politica» (politics), invece, indichiamo quel processo di trattativa, negoziazione e compromesso che determina «chi ottiene che cosa, quando e come». Quindi si tratta di chiarire quali ruoli svolge il sistematico perseguimento della conoscenza per a) compiere la scelta di determinate azioni e b) concordare, negoziare e raggiungere un compromesso, con particolare attenzione al ruolo degli scienziati in questo complesso contesto. L'esperienza dimostra che la scienza è in grado di contribuire alla soluzione dei conflitti solo nei contesti decisionali più semplici. In quelli più complessi, ricorrere alla scienza per imporre un accordo politico generale può invece compromettere sia la probabilità di ottenere tale accordo sia il prezioso ruolo che la scienza stessa può svolgere nell'azione specifica. Sulla base di tali presupposti, nuove esigenze si impongono allo scienziato come parte attiva nel processo politico. Si tratta di esaminare tali esigenze e le alternative di cui gli scienziati dispongono nel loro rapporto con le azioni specifiche cioè con la policy, e con la politica generale, politics. Esiste una vasta letteratura: sulle correlazioni fra scienza, tecnologia e società (Sts) e fra scienza e politica tecnologica (Stp). Ma per molti scienziati interessati, più o meno attivamente, al rapporto fra il loro oggetto di studio e le scelte politiche e di policy le premesse su cui si fonda la comunità degli studiosi della scienza nella società sono sconosciute o quantomeno poco comprensibili. Il mio è un tentativo di collegare le premesse teoriche del rapporto fra scienza e società con l'azione degli scienziati che quotidianamente devono decidere in che modo collocare il proprio lavoro rispetto alla policy e, alla politica. Non si tratta di indicare agli scienziati una linea di comportamento, ma piuttosto di suggerire le alternative che essi potrebbero considerare nelle valutazioni che li conducono a decidere come collocarsi nella società. Uno degli assunti fondamentali è che gli scienziati svolgono un ruolo diverso nell'attività di policy e nella politica. Dato che la scienza è sempre di più uno strumento della politica, è stato indebitamente messo in ombra il suo ruolo nella policy, in particolare la sua capacità di agevolare la creazione di alternative nuove e diverse. Tali alternative hanno il potere di rimodellare le dinamiche politiche e, in qualche caso, di facilitaRNe l'azione. Con una corretta comprensione dei diversi ruoli che la scienza svolge nell'attività di policy e nella politica potremmo accrescere i benefici offerti alla società, derivanti dal notevole investimento dei cittadini nella produzione i di nuova conoscenza. La scienza può dare un'enorme contributo al miglioramento della società e dell'ambiente. Ma, per rafforzare tale capacità, è necessario vederla - in una prospettiva che preveda il suo coinvolgimento nella policy. La scienza non va a considerata come un'attività distinta sia dalla policy sia dalla politica, bensì come uno strumento-chiave per semplificare le complesse decisioni che riguardano interessi in conflitto nella società. Per rafforzare il contributo della scienza alla democrazia è essenziale distinguere il ruolo della scienza nella politica dal suo ruolo nella policy. Se non si opera questa distinzione, si rischia di perdere una buona occasione per agire meglio che in passato e di mettere in pericolo tanto la scienza quanto la democrazia.