Il Corriere della sera 27/10/2005 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE di GIUSEPPE REMUZZI Che cos'è il principio di precauzione? Lo chiamano principio ma è un metodo: consente di stabilire come controllare i rischi che derivano dall'impiego di prodotti o tecnologie nuove prima che ci siano le prove scientifiche che questi prodotti sono assolutamente sicuri per la salute. La Commissione dal 2000 ricorre al principio di precauzione per proteggere l'ambiente e la salute dell'uomo (o degli animali). E lo fa tutte le volte che una determinata azione comporta un rischio anche molto teorico e non ci sono però, o non ci sono ancora, abbastanza dati che consentano di dare indicazioni assolute. Serviva a proteggere l'ambiente, ma si è finito per utilizzarlo anche per la salute. Ma prima di ricorrere al principio di precauzione bisogna saper valutare i dati scientifici, stabilire il grado di incertezza e come varia col passare del tempo e con l'aumentare delle conoscenze che diventano via via disponibili. In pratica il principio di precauzione si applica nei casi in cui non ci sono abbastanza dati o i dati a disposizione non consentono di trarre conclusioni definitive (non dimentichiamo che medicina ed epidemiologia funzionano per gradi di probabilità, quasi mai per certezze). Un bell'esempio di come è stato applicato il principio di precauzione è quello degli Ogm. L'aumento della popolazione e del reddito aumenterà la domanda di cibo di almeno il 50% nei prossimi 50 anni. Non ci sarà semplicemente abbastanza da mangiare per tutti, se non ricorreremo agli Ogm. Oggi abbiamo abbastanza dati per poter dire che gli Ogm sono sicuri, e che non fanno male, che spesso sono molto più sicuri di tanti prodotti naturali, ma prima è stato necessario acquisire tutte le evidenze scientifiche che modificare il genoma delle piante non avesse conseguenze negative per la salute dell'uomo. Per questo sono stati fatti e si continuano a fare molti studi. Nell'attesa, l'Unione Europea ha applicato il principio di precauzione chiedendo che non si commercializzassero Ogm dal 1999 fino al maggio del 2004. Un altro caso è stato quello della malattia della mucca pazza. Quando gli scienziati se ne sono accorti, non c'erano abbastanza conoscenze per sapere per esempio quale fosse il rischio di accettare donatori di sangue che avessero soggiornato in Gran Bretagna nel periodo di massima diffusione dell'infezione. Si è deciso di non accettare i donatori finché non se ne sapesse di più. Fu la decisione giusta. Sull'infezione dei polli abbiamo oggi tantissime conoscenze, altre ne mancano. Se si debba mangiare carne di pollo o le uova, va sottoposto al principio di precauzione? Sì, per le conoscenze che abbiamo oggi. Gli uccelli ammalati non fanno le uova. Ma prima di star male, nelle primissime fasi della malattia, le loro uova possono contenere virus, nell'albume e nel tuorlo e sul guscio, ancora di più se è contaminato da materiale fecale. Il virus nelle feci, per esempio, sopravvive fino a 35 giorni a 4°C di temperatura, ma solo 6 giorni a 37°C. Così sulle uova c'è abbastanza virus perché la malattia si dissemini se si tratta di uova contaminate. E' ben stabilito che il contatto diretto con i polli o con qualcosa che è contaminato dalle loro feci è il modo per l'uomo per contrarre l'infezione. Certo, l'evidenza epidemiologica che la gente si sia infettata perché ha mangiato uova o prodotti delle uova, anche crudi non c'è. Ma il principio di precauzione, ammesso che lo si voglia seguire come ha deciso di fare l'Unione Europea, serve proprio, a me pare, per casi come questo. Fra l'altro c'è un caso di maiali che hanno contratto quasi certamente l'infezione da H5N1 per aver mangiato uova provenienti da polli sicuramente infetti. Il solo modo di inattivare il virus quando ha contaminato carni o uova, è la cottura (fino a 70°C almeno). A 70°C, o sopra, il virus muore, sempre. Certo, tutte le volte che si applica il principio di precauzione si rischia di scontentare qualcuno. E poi c'è un problema di costi. Anche di questo chi decide dovrebbe tener conto. E non è detto che una cosa teoricamente giusta non si debba non fare perché costerebbe troppo. Ma questa è un'altra storia.