La Repubblica, 20 febbraio 2005

Alla ricerca della nuova chimera
di Emilio Piervincenzi

Il Mito oggi racconta che fu Bellerofonte, eroe dei Corinzi, a
uccidere la Chimera, l'animale fantastico. Chi sarà a uccidere, oggi,
la Chimera che la Scienza -- non Echidna eTifone, i genitori
dell'animale con testa di leone, corpo di capra e coda di serpente -
hanno iniziato a generare? Se Irving Weissman, biologo dell’università
di Stanford, oltre a conoscere i mondi della genetica conoscesse i
misteri del Mito, avrebbe qualche preoccupazione. Questi animali
fantastici, minotauri, draghi o unicorni (per avere quest'ultimo,
assicurano gli Dei, basta associare un dente di narvalo, un mammifero
marino, al corpo del cavallo), non sono certo antenati, neppure
lontani, del piccolo topo con cervello di uomo che Weissman è stato
pochi giorni fa autorizzato a creare dal Comitato etico della
prestigiosa università americana. Ne evocano il fascino
dell'incertezza dei confini e delle contaminazioni, ma sono distanti
per una questione centrale: quelli, gli unicorni e i draghi, erano il
frutto della mente immaginifica dell'uomo e tutt'al più ne potevano
occupare gli incubi e agitarne le ansie; questo, il piccolo
"topumano", invece, ci fa tornare con i piedi per terra, alimenta le
speranze mediche di cura per malattie neurologiche finora impossibili
da aggredire, al massimo promette di gonfiare l'Ego di un ricercatore
(forse anche il suo portafoglio) e il suo sogno di coronare con un
Nobel una prestigiosa - e magari anche spregiudicata carriera.
Weissman è in buona compagnia. Nel mondo scientifico, dove non
esistono barriere etiche e giuridiche, la ricerca sulle chimere
affascina molti altri centri universitari. Sarà perché gli
xenotrapianti sono meno popolari di un tempo, per il pericolo virus
che l'organo animale porta con se quando viene trapiantato sull'uomo
(nemmeno le valvole con tessuto di maiale si usano più: davano
problemi e sono state sostituite da materiali sintetici), sta di fatto
che dagli Stati Uniti al Canada alla Cina la caccia alla chimera è
aperta. Maiali che vivono -e bene - con sangue umano, pecore del
Nevada che hanno il fegato per l'80% per cento umano, embrioni di
uomo-coniglio che hanno resistito alcune settimane in un laboratorio
di Shanghai, galline che fanno il verso e muovono la testa come le
quaglie perché il professor Balaban, della McGill University di
Montreal, ha fatto crescere neuroni di quaglia nel cervello delle
galline.

L'ultima scoperta in ordine di tempo viene da Israele. Spiegai il
professor Giuseppe Novelli, ordinario di genetica all'università Tor
Vergata di Roma: «È stato dimostrato che cellule staminali embrionali
di maiale, se inserite al momento giusto del loro sviluppo, possono
essere utilizzate per produrre organi come fegato, pancreas e polmoni
da usare nell'uomo. Hanno scoperto il timing esatto, che finora non
era noto».

Anche l'esperimento della Stanford University è molto promettente. Che
cosa sta facendo il professor Weissman? Sta trapiantando neuroni umani
nel cervello di topi da laboratorio. Il lavoro, condotto in team dalla
università californiana e dall'azienda biotecnologia Stem Cells di
Palo Alto, procede rapidamente. Le linee di ricerca sono
essenzialmente due, una prevede l'inserimento di cellule umane malate
dentro topi in salute, un’altra cellule umane sane in topi malati.
L'ultimo stadio, solo teorico per la profonda diversità dei due
cervelli, è la sostituzione totale delle cellule neuronali del topo
con quelle umane. Ma difficilmente arriveremo alla situazione
immaginata da H. G. Wells nell'Isola del dottor Moreau (1896): folli
sperimentatori che si divertono a unire parti umane con parti animali.

Molto più realisticamente la ricerca punta a seguire l’evoluzione dei
neuroni umani per tentare di capire come questi diventano difettosi.
Weissman e il suo team hanno iniettato neuroni umani in feti di topi
creando una classica chimera, topi con cervello per circa l'uno per
cento umano, e questo ha loro consentito di osservare come le cellule
umane si aggregano a quelle del topo, come si moltiplicano, quali
connessioni fanno. «Ora aggiungeremo cellule di neuroni umani malate
di Alzheimer, o della malattia di Lou Gehrig o di altri difetti
cerebrali e osserveremo le conseguenze nel cervello del topo. Stiamo
imparando una lezione che sarebbe stata impensabile con un bando etico
nella ricerca sulle chimere», specifica Weissman.

Cogliere dunque l'attimo in cui una cellula modifica in peggio la sua
esistenza e provoca nel cervello una sorta di tsunami biologico. Ecco
l'obiettivo delle chimere create a Stanford. In futuro potrebbero
essere sostituite regioni malate del cervello del topo con cellule
umane sane ottenute dai feti. Ci sono malattie del sistema nervoso di
cui non sappiamo ancora nulla. Non sappiamo, ad esempio, come la
paralisi che ha colpito l'astrofisico Hawking sia emersa: né
immaginiamo che cosa l'abbia scatenata. Non sappiamo ancora abbastanza
del Parkinson e dell'Alzheimer né della schizofrenia o dell'autismo
della sclerosi. In fondo, la ricerca di Stanford punta a creare una
sorta di "provetta da test con i peli". Ian Wilmut, il creatore della
pecora Dolly; è stato autorizzato quindici giorni fa a produrre
neuroni umani a partire da malati gravi del sistema nervoso attraverso
la clonazione, Weissman è andato oltre: Wilmut fa esperimenti in
provetta, Weissman li fa su un animale e per queste sua avventura
scientifica si incammina verso il confine sottile che separa la
conoscenza dall'oblio. Qui si tratta di cervello, dove dovrebbe
trovare posto la coscienza, quel che - dicono - ci differenzia dalle
altre specie animali.

Gli americani comunque ci credono Per la prima volta, infatti, è stato
posto il problema della creazione delle chimere e il Comitato etico
universitario Stanford ha autorizzato formalmente la ricerca di
Weissman. Il  via libera è stato motivato cosi da Henry T. Greely,
direttore del Centro per la legge sulle scienze biologiche nonché
membro del Comitato etico: «Abbiamo deciso che se vedremo un qualche
segnale che ci riconduce al cervello umano o se il topo mostra
comportamenti simili a quelli dell'uomo, del genere di una cresciuta
memoria o di una maggiore capacità di risolvere problemi, ci
fermeremo». L'università californiana affronta dunque, prima nel mondo
non solo negli Stati Uniti la seguente questione filosofica: quando
una chimera smette di essere animale e comincia a diventare uomo?

La sindrome di Frankenstein è in agguato. «La biotecnologia sta
arrivando al suo limite», accusa Wesley J. Smith del Discovery
Institute. Già lo scorso anno il Canada ha specificamente messo al
bando la creazione di chimere a scopo scientifico e Cynthia Cohen,
membro del Canada's Stem Cell Oversight Comittee, suggerisce: «Anche
negli Stati Uniti le chimere dovrebbero essere impedite, mischiare
uomo e animale diminuisce la dignità umana». La National Academy of
Sciences, cui spetta il compito di consigliare il governo federale
sulle decisioni da assumere sulle questioni scientifiche, sta
studiando la materia. Il prossimo mese presenteranno un piano agli
scienziati con le linee guida in caso di ricerche sulle chimere.
Greely dunque, che ha messo nel conto di trasformarsi nel Bellerofonte
del ventunesimo secolo, non è il solo a doversi preoccupare delle
chimere scientifiche. Sostiene Thomas Starzl, uno dei massimi
sostenitori della chimerizzazione umana: «Assumere lo straniero in
corpo ha un obbiettivo preciso: migliorare la specie umana».

Roberto Marchesini, direttore dei Quaderni di Bioetica, che sulle
chimere ha scritto un bel libro (La fabbrica delle chimere, Bollati-
Boringhieri), sposta l'angolo di osservazione, dal laboratorio di
Stanford a quello che definisce «uno dei maggiori movimenti culturali
che si affacciano sul XXI secolo, il postumano». Dice: «Non si tratta
solo di discutere sulla quallina o sulla caprapecora, ibridi animali
realmente ottenuti dai ricercatori alla fine degli anni Novanta, o di
dire se si sta dalla parte di Weissman o da quella di chi alza un muro
davanti alla ricerca sugli embrioni umani -- argomenta Marchesini --
la chimerizzazione della società è sotto gli occhi di tutti, basta
riflettere sulla modificazione culturale dell'immagine dell'uomo. È
un'epoca, la nostra, in cui i tabù della purezza sono superati, in cui
la contaminazione di specie diverse, di organico e inorganico, uomo e
animale, è diventata un paradigma culturale affascinante e ormai
abbastanza comune. Piacciono gli esseri umani con parti meccaniche,
oppure capaci di ospitare cervelli e sensazioni soprannaturali, basti
pensate al successo di film come Blade Runner e Matrix. Esiste inoltre
la ricerca artistica sulla chimera, come quella che fa Daniel Lee con
i suoi grandi quadri, che a New York hanno raggiunto quotazioni
inarrivabili, dove i protagonisti sono un po' uomini e un po' animali.
Ma c'è anche una tendenza estetica, forse più effimera e commerciale,
ma molto in crescita. Sempre più donne, in particolare negli Stati
Uniti, si rifanno a modelli animali: si felinizzano il viso, lavorando
sul taglio degli occhi, gli zigomi, i padiglioni auricolari. Sì, piace
la donna-gatto. Forse una legge può fermare la ricerca scientifica,
come accade in Italia che in campi come questi è drammaticamente
fuorigioco. Ma certamente nessuno può frenare una tendenza culturale».