Dalle cattedrali nel Medioevo... al Principio di precauzione... alla responsabilità nei sistemi
( 1 Settembre 2003 )
( scritto da
Redazione FGB
)
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AGGIORNAMENTO del 15 settembre [cliccare per raggiungerlo]
Jean Fouquet, "La costruzione di una cattedrale", Quindicesimo secolo(cliccare sull'immagine per vederla ingrandita)
Estratti dal blog "Tout se tient" (aprile 2003)
- Leone Montagnini (clic qui per andare al testo integrale)
- «Negli ultimi anni ha preso sempre più consistenza una epistemologia debolista che insiste sulle singolarità, l’imprevedibilità, l’incertezza, il caos, la complessità. Si tratta di un modo di pensare estremamente importante, a cui dedico ricerche assidue da dieci anni, in quanto vi riconosco molte virtù che non bisogna assolutamente trascurare. Esso ci ha insegnato che in molte situazioni, dell’universo naturale come di quello umano, il principio di continuità (che, non lo dimentichiamo, fu introdotto da Leibniz come una versione del principio di ragion sufficiente) non può essere applicato, perché sono impreviste e imprevedibili. Ma questo --grazie al cielo-- non è vero sempre. Per cui non dobbiamo rinunciare mai a cercare di spiegare i fenomeni.»
- Vittorio Bertolini (clic qui per andare al testo integrale)
- «Molte teorie sono nate sulla base di tecnologie che poggiavano su teorie scientifiche quasi inesistenti.
«I maestri costruttori, capaci di progettare la struttura architettonica, curare la decorazione pittorica o scultorea, coordinare il lavoro degli operai, spesso si spostavano nelle varie città europee, laddove c’era in programma la costruzione di una cattedrale, portando la loro esperienza, spesso influenzata dalla cultura del loro paese d’origine.»
[brano tratto dalla presentazione di una lezione a cura della dott.ssa Emma D’Amico per il CESES] Noi oggi ammiriamo le cattedrali gotiche, ma i costruttori delle cattedrali non conoscevano la statica e le loro conoscenze sulla resistenza dei materiali erano solo empiriche.
Opporsi agli ogm sulla base che la biologia molecolare non è ancora una scienza normale (nel senso di Kuhn) riecheggia l’atteggiamento di quegli astronomi e teologi di matrice aristotelica che si rifiutavano di guardare nel telescopio di Galileo.»
- Gian Maria Borrello (clic qui per andare al testo integrale)
- «Il cenno che Vittorio Bertolini fa ai costruttori di cattedrali mi ha rammentato un passaggio di un documento del '99 pubblicato anche nel sito della Fondazione Bassetti, in cui si ricordava come durante il medioevo le cattedrali venivano costruite pur in assenza di architetti e progetti. In quel caso l'esempio era usato in senso critico: la costruzione di una cattedrale viene sì intesa come rappresentativa di un sistema di responsabilità funzionante, ma ciò spinge "a contrario" ad osservare che oggi le organizzazioni complesse tendono a eludere (prima ancora che a negare) il problema della responsabilità e che, quindi, è su questo fatto che sarebbe necessaria una seria riflessione.»
[Nell'autunno del '99 avviai una discussione in argomento nel newsgroup it.arti.architettura: qui in calce trovate il link ai passaggi salienti]
- Leone Montagnini (clic qui per andare al testo integrale)
- «Il mastro artigiano che costruisce le cattedrali gotiche ha una tecnologia con un contenuto teorico non elevatissimo, anche se non lo sottovaluterei. Come sopperisce alla sua carenza di teoria? Non certo improvvisando, ma applicando moduli comportamentali tradizionali, cioè utilizzando tecnologie a bassa velocità di innovazione, e sovradimensionando i muri portanti, le travi ecc. Due aspetti che corrispondono, a ben vedere, ad un’applicazione ante litteram del principio di precauzione.
Questo però non è l’habitus del biotecnologo. I suoi metodi sono ad altissima velocità di innovazione, approntati in presa diretta con la produzione industriale, dove l’invenzione diviene quasi immediatamente innovazione e produzione di massa.»
Ecco i passaggi salienti (dal blog "Tout se tient") di un thread avviato nel newsgroup it.arti.architettura nell'ottobre del '99.
AGGIORNAMENTO:
[15 settembre]
- Vittorio Bertolini
- «L'osservazione che Montagnini fa sul principio di precauzione, di cui, in un certo senso, anche i costruttori di cattedrali si sono serviti (ma aggiungerei anche i costruttori delle piramidi e aggiungo anche gli ingegneri moderni, pur operando su basi teoriche molto più raffinate) mi spinge ad alcune ulteriori considerazioni.
Il quadro teorico di riferimento, quale che sia (compreso il sapere comune dell'uomo della strada), è sempre limitato rispetto alla complessità della realtà, a cui viene applicato.
Se, per esempio, calcolo un albero di trasmissione, so che il materiale usato ha una certa capacità di resistenza ricavata però, in un laboratorio, in determinate condizioni. Il materiale utilizzato ha subito cioè un processo che ha consentito di stimare il valore della sua capacità di resistenza. Con riferimento a tale valore, per ragioni precauzionali --ma anche per altri motivi (non intendo fare una lezione di ingegneria)-- si dà all'abero una dimensione maggiore, in base alla propria esperienza o secondo le norme vigenti.
La conseguenza del metodo seguito è che il rischio è quantificabile e abbastanza limitato. Inoltre, se, per esempio, il cavo è portante di un ascensore le conseguenze sono facilmente prevedibili e quindi la responsabilità del progettista è sufficientemente definita.
Se pensiamo invece alle applicazioni nel campo delle biotecnologie, il più delle volte il rischio e il danno sono ipotetici e imprevedibili, per non parlare della cumulabilità degli eventi.
A mio parere, questo implica che il principio di precauzione non dovrebbe essere preso alla lettera e che dovrebbe essere applicato in considerazione del quadro teorico disponibile.»
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