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Tutti gli interventi di Ottobre 2004
(sotto questo elenco trovi anche gli ARCHIVI mensili)
Questi sono gli interventi del mese di Ottobre 2004
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Gli indici coprono il periodo che va fino ad Agosto 2005, mentre da Settembre 2005 gli Argomenti possono essere seguiti, in progressione cronologica, accedendo agli ARCHIVI (mensili) che si trovano in questa pagina, sotto l'elenco degli interventi.
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DiaBloghi
Blog di dialoghi sull'innovazione "poiesis intensive"
[25 maggio 2005]
"Rinnovare, cambiare o innovare?" è la nuova domanda apparsa in DiaBloghi!
[10 settembre 2005]
Leggi il "commento" scritto da Gavino Massidda in relazione al dialogo Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?
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ARCHIVI mensili
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Gli aggiornamenti nei BLOG - BLOG Updates
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Partecipazione Pubblica e Governance dell'Innovazione: i risultati del progetto di ricerca promosso dalla Regione Lombardia in collaborazione con l'Irer, la Fondazione Bassetti e Observa
( 29 Ottobre 2004 )
( scritto da
Redazione FGB
)
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Partecipazione Pubblica e Governance dell'Innovazione:
valutazione di procedure per il coinvolgimento dei cittadini.
I risultati del progetto di ricerca promosso dalla Regione Lombardia in collaborazione con l'Irer, la Fondazione Bassetti e Observa
La Scienza partecipata
(la partecipazione del pubblico alle decisioni di tipo scientifico) --Fare clic sull'immagine per vederla ingrandita--
Il tema del coinvolgimento dei cittadini nel dialogo con esperti, stakeholders e istituzioni rappresenta uno dei fronti di maggiore novità per quanto riguarda il rapporto scienza società.Il governo di decisioni complesse, come le sperimentazioni in campo aperto di piante transgeniche, è stato uno dei temi studiati nell'ambito del progetto di ricerca promosso dalla Regione Lombardia in collaborazione con l'Irer, la Fondazione Bassetti e Observa il cui obiettivo generale è stato quello di realizzare un'esperienza altamente innovativa di policy, che ha coinvolto concretamente varie categorie di soggetti (imprenditori, scienziati, policy makers, associazioni di consumatori, associazioni ambientaliste e cittadini) interessati a vario titolo al tema dell'innovazione in campo biotecnologico.
Si è trattato di sperimentare a livello regionale, per la prima volta in Italia e sulla scorta di analoghe esperienze straniere - consensus conferences, analisi dell'impatto della regolazione (AIR), scenario workshop - un modello di decisione partecipativa, utilizzando il caso paradigmatico delle biotecnologie e in particolare il tema degli OGM per quanto riguarda le sperimentazioni in campo aperto.
L'insieme delle attività svolte ha prodotto un contributo al lavoro procedurale e di contenuto nell'elaborazione di policy da parte della Regione in quanto soggetto autorizzato alla governance. Allo stesso tempo ha permesso la sperimentazione di un modello di coinvolgimento che rappresenta uno stimolo per i vari livelli di responsabilità istituzionale su un problema che non investe solo il tema delle biotecnologie, ma più in generale la governance dei processi di innovazione e la mediazione di potenziali conflitti che sono destinati a presentarsi con sempre maggiore frequenza attorno a questi processi.
L'attività centrale del progetto è stata la realizzazione di due incontri, di una giornata ciascuno, con gruppi di cittadini ed esperti sul tema delle sperimentazioni in campo aperto di OGM nella Regione Lombardia, effettuati secondo due procedure diverse dal punto di vista del coinvolgimento di: scienziati, rappresentanti degli agricoltori, ambientalisti, associazioni di consumatori, giornalisti.
Al termine degli incontri, opportunamente condotti da un facilitatore, il panel di cittadini ha prodotto un documento deliberativo finale.
L'analisi degli interventi dei partecipanti, in entrambi gli incontri, restituisce in pieno la complessità della tematica ogm nell'ambito agroalimentare. Sebbene il compito assegnato per la discussione fosse molto circoscritto - la sperimentazione di ogm nel suolo lombardo - in più momenti i cittadini intervenuti - sia nelle sessioni in cui discutevano separatamente, sia con gli esperti - hanno affrontato e proposto quesiti riguardanti tematiche di tipo generale che descriviamo brevemente.
Un primo argomento trattato in profondità riguarda la libertà di ricerca. La totalità dei cittadini presenti agli incontri ha espresso una considerazione positiva sulle attività di ricerca. Tale atteggiamento favorevole è stato motivato dalla considerazione della ricerca come valore in sé e dalla necessità di continuare gli studi per garantire una maggiore sicurezza, controllando eventuali importazioni di ogm.
Accanto alla discussione sulla ricerca in campo agroalimentare è emerso con forza il tema dell'informazione. I cittadini coinvolti hanno sottolineato la necessità di conoscere obiettivi e finalità dell'attività sperimentale, oltre ai soggetti che promuovono e finanziano la ricerca. L'attività di informazione dovrebbe essere esercitata dalla Regione con l'impiego di materiale divulgativo che descriva l'agricoltura transgenica e i luoghi in cui si intende condurre le sperimentazioni.
Nel corso degli incontri ha assunto particolare rilevanza il tema del rischio, riguardante la salute umana e l'ambiente. In modo pressoché unanime è stato espresso il bisogno di avere sufficienti garanzie, specialmente dal mondo scientifico, che permettano di prevedere i costi e i possibili danni per l'uomo e l'ambiente.
Buona parte della discussione per la stesura del documento finale, soprattutto nel secondo incontro, è stata dedicata al tema dei processi decisionali. I cittadini, a larga maggioranza, considerano il livello regionale come più adatto per formulare gli indirizzi politici e operativi riguardanti le sperimentazioni. Gli organismi deputati a queste funzioni dovranno attivare forme di consultazione che permettano il coinvolgimento di vari stakeholder (amministratori locali, associazioni di agricoltori, ambientalisti, associazioni di consumatori) e i cittadini, con opportune modalità. Particolare attenzione dovrà essere dedicata alle popolazioni locali interessate dalle attività sperimentali.
Il livello regionale dovrà comunque raccordarsi con organismi nazionali (ad esempio l'Istituto Superiore di Sanità) e gli enti locali coinvolti. L'indicazione emersa nel corso dei gruppi di discussione assegna alla Regione un ruolo di regia per quanto riguarda gli aspetti politici, scientifici e informativi, con la possibilità di aprire il dibattito a più soggetti coinvolti nelle innovazioni tecno-scientifiche. La richiesta evidente, emersa nel corso degli incontri, è stata quella di rendere operativo un organismo super-partes che non abbia interessi economici sulle sperimentazioni, di qui la fiducia accordata a istituzioni pubbliche.
Non sono mancate alcune considerazioni riguardanti il potere di veto delle comunità locali. Alcuni cittadini, infatti, hanno manifestato parere favorevole alla realizzazione di referendum locali di tipo consuntivo o abrogativo, per stabilire se condurre o meno attività sperimentali nel territorio.
Nell'ambito delle due giornate è stato discussa con forza l'influenza degli aspetti economici connessi alle sperimentazioni di ogm. L'argomento è stato trattato da due angolature: da un lato la presunta convenienza per l'utente e dall'altro gli interessi delle imprese coinvolte nelle attività di agricoltura transgenica. Nonostante siano state espresse varie domande agli esperti e agli stakeholder intervenuti, nei documenti finali dei due gruppi non sono state esposte particolari posizioni al riguardo, se non una considerazione marginale riguardante la necessità di valutare i costi e i benefici delle sperimentazioni transgeniche.
Il lavoro di ricerca e un'attenta verifica delle attività ha permesso di individuare tre dimensioni a cui fare riferimento per valutare i risultati raggiunti:
Tempi della procedura:
la consultazione e il dialogo fra cittadini, esperti e stakeholder assume particolare efficacia a seconda del momento in cui è realizzata. La maggiore efficacia, sotto il profilo dell'ascolto e del processo decisionale, si ottiene nella fase di formazione di una politica pubblica, laddove le indicazione ottenute dai panel di cittadini e i vari attori sociali coinvolti potranno avere un peso considerevole sul processo decisionale in sede politica. Non è da sottovalutare, comunque, il valore e l'influenza che i risultati delle consultazioni potranno avere per migliorare ed eventualmente modificare le normative oggetto di discussione.
Definizione del problema:
l'utilizzo di momenti di ascolto e dialogo può aumentare la legittimazione dei decisori pubblici nella gestione di decisioni complesse che hanno un forte impatto sulle comunità locali. Un'efficace conduzione di tali momenti, infatti, permette di raccogliere suggerimenti, preoccupazioni, considerazioni a volte impreviste, che permettono di allargare gli orizzonti tematici per comprendere gli interessi e i motivi di conflitto degli attori coinvolti. Dal punto di vista tematico si possono individuare, attraverso il confronto tra i partecipanti, elementi non negoziabili e aspetti per cui sono possibili mediazioni, specialmente per quanto riguarda argomenti che hanno costi sociali elevati. Grazie all'insieme di queste indicazioni i processi decisionali possono essere arricchiti e migliorati tenendo presenti le esigenze ma anche le responsabilità dei soggetti che più direttamente saranno coinvolti nelle politiche pubbliche.
Procedure partecipative-deliberative e processi democratici:
è bene sottolineare che le pratiche di partecipazione non si sostituiscono ai consueti processi decisionali che coinvolgono i decisori pubblici. Esse sono semmai da considerare come strumenti complementari, utilizzabili in determinati momenti e per specifiche questioni. Tali pratiche non possono essere gestite come strumenti manipolativi di gestione del consenso, ma piuttosto come momenti aperti di ascolto e dibattito costruttivo per ottenere informazioni e considerazioni difficilmente ottenibili con altri strumenti. A questo proposito la forza delle pratiche partecipative risiede nella opportunità di evitare facili riduzioni di problematiche complesse a polarizzazioni di tipo: vero-falso, giusto-sbagliato, in luogo di più articolate argomentazioni che presentano le condizioni a cui si deve sottostare per avviare decisioni politiche adeguate.
Accanto alle dimensioni appena presentate si devono esaminare con attenzione alcuni aspetti critici. Dato che le pratiche partecipative descritte coinvolgono piccoli gruppi di cittadini, esperti e stakeholder, non si possono considerare i risultati emersi come rappresentativi dell'intera popolazione, anche se i panel sono selezionati in modo corretto sotto vari profili. Di qui la necessità di assegnare agli esiti ottenuti il giusto peso e un carattere di relatività.
Trattandosi di meccanismi partecipativi promossi dalle istituzioni, uno dei rischi in cui ci si può imbattere è quello di indurre nei partecipanti l'idea di essere loro stessi dei decisori politici seguendo una pericolosa deriva del tipo "tutti decidono tutto". A questo proposito si deve chiarire sin dall'inizio il carattere consultivo e la funzione di quanto espresso con le deliberazioni del gruppo, pena un'errata considerazione della procedura che aumenterebbe il grado di sfiducia nei confronti dell'istituzione promotrice.
Negli ultimi anni la linea di confine tra questioni tecno-scientifiche e tematiche socio-economiche si è andata dissolvendo, lasciando spazio a numerose controversie che pongono pesanti interrogativi ai decisori pubblici. La gestione dell'incertezza collegata a tali controversie riguarda cittadini, esperti e portatori di interesse come attori sociali potenzialmente coinvolgibili in procedure di ascolto e discussione che possono arricchire la formazione delle politiche pubbliche. La promozione di forme partecipative di dibattito rappresenta uno degli strumenti per migliorare i processi decisionali e una sfida per gestire l'avvento delle innovazioni con nuove forme di democrazia.
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Nanotechnologies: risk study initiatives
( 29 Ottobre 2004 )
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The following excerpts are taken from the article: Nanotechnology: Looking As We Leap, di Ernie Hood pubblicato in Environmental Health Perspectives (the peer-reviewed journal of the National Institute of Environmental Health Sciences), Settembre 2004.
For comparison's sake. A micrograph shows a nanowire curled into a loop in front of a human hair. Nanowires can be as slender as 50 nanometers, about one-thousandth the width of a hair.
image credit: Chad Mirkin/ Northwestern University
«To ensure that nanotechnology flourishes responsibly and with strong public support, Kulinowski [NbE: Kristen Kulinowski, executive director for education and policy at the Rice University Center for Biological and Environmental Nanotechnology (CBEN)] says, advocates believe it's very important to gather risk data so that questions can be answered and problems addressed early on in the trajectory of the technology development.
Sean Murdock, executive director of the NanoBusiness Alliance, a nanotechnology trade association, thinks it is possible to avoid past mistakes of rolling out a new technology too far ahead of health and safety information. "The risks are there, they're real, but they're manageable," he says. "And on balance, with the right processes in place, we're going to be able to deal with all of those risks, we're going to mitigate those risks, and we're going to realize the upside of the potential."
[...]
Oberdörster [NbE: environmental toxicologist at Southern Methodist University] has described the findings [NbE: A study published in the July 2004 issue of EHP documenting oxidative stress (a sign of inflammation) in the brains of largemouth bass exposed to aqueous fullerenes: it has received perhaps the most attention and raised the most warnings of any nanomaterial health implication experiment to date; in the Bassetti Foundation web site, see also the contribute in "Collaborate" of 19 Sept. 2004 (in italian)] as "a yellow light, not a red one," and explains further that there are some indications from the inhalation and fish studies that there is a potential for nanoparticles to react with tissues and create inflammation. "So the next step then is to look at it in a broader spectrum before we bring all these products out into the market, to make sure that they are safe so that consumers are protected," she says.
[...]
Roco [NbE: Mihail Roco, senior advisor on nanotechnology to the National Science Foundation (NSF) and coordinator of the NNI - The National Nanotechnology Initiative, the interagency consortium], who has been instrumental in the NNI's ongoing attention to both safety implications and the potential societal impacts of nanotechnology worldwide, agrees that the time for responsible risk assessment is now: "This is no longer something you do after the fact, after you do the other research, but has to be done from the beginning, to be an integral part of the research. You have to look at the whole cycle of activity, not only at the first phase when you create something."
[...]
The NTP [NbE: National Toxicology Program], in association with the University of Florida, is also planning a workshop for November 2004 designed to bring together scientists from the toxicology community, environmental engineers, and representatives of the pharmaceutical and chemical industries. The workshop will focus on questions about how best to assess exposure to nanomaterials and evaluate their toxicity and safety.
Walker [NbE: lead scientist of the investigation by NTP --National Toxicology Program-- involving safety studies of representative manufactured nanomaterials] thinks these efforts are timed perfectly. "If we'd tried to do this two or three years ago, we may actually have been targeting things that weren't important," he says. "You don't want to be too early on the curve, but then you don't want to be too late. This is about the right time ... and we are being very open about how things are moving along, because the NTP is completely open, and all the data is ultimately the public's."
Nanotecnologie: Centri di studio e iniziative Research Centers and Initiatives
[cliccare sull'immagine per ingrandirla click on the image to see it in a bigger format]
The International Dialog on Responsible Research and Development of Nanotechnology took place 17-18 June 2004 in Arlington, Virginia, and was designed to help develop a global vision of how the technology can be fostered with the appropriate attention to and respect for concerns about the societal issues and environmental, health, and safety implications. »
The excerpts above are taken from the article: Nanotechnology: Looking As We Leap
[Environmental Health Perspectives, Volume 112, Number 13, September 2004]
See also: - Fullerenes and Fish Brains: Nanomaterials Cause Oxidative Stress
[Environmental Health Perspectives, Volume 112, Number 10, July 2004]
- Manufactured Nanomaterials (Fullerenes, C60) Induce Oxidative Stress in the Brain of Juvenile Largemouth Bass
[Environmental Health Perspectives, Volume 112, Number 10, July 2004]
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Latest updates in the blog 'Innovation, Risk and Governance'
( 25 Ottobre 2004 )
( scritto da
Daniele Navarra
)
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I have posted the last of a triad of 'guideline' entries for readers and potential contributors in my blog 'Innovation, Risk & Governance'.
The first post on 'Conceptualising Innovation: A theoretical and practical agenda' delineates the theoretical guidelines, perceived as being also of interest to practitioners, about Innovation, which is understood as social and economic development of nations. The model of reference are those states which in the course of history have been able to support the autonomous development of firms and national innovation systems. For instance by creating the appropriate conditions for the creation and establishment of links between research institutes, the private sector, industry and banking institutions enabling a formative context in favour of creativity and experimentation. And in that way supporting a virtuous cycle of 'creative destruction' with high innovation capacity, which facilitates the creation of a dynamic and productive industrial sector.
The second entry on 'Conceptualising Risk: A theoretical and practical agenda' which suggests a definition for the concept of Risk.
Conceptually the notion of risk includes probabilistic calculations and the creation of models to manipulate reality and predict the future. However, starting from the ground that we live in the 'Risk Society' (as defined by Ulrich Beck) these models are at best incomplete, because it is impossible to provide insurance in the occurrence of risks which affect simultaneously a large number of people, as in the case of natural disasters. Therefore the concept or risk, as well as its management, needs to be complemented by an understanding of the social and political dynamics at work while the relationships of productive assets change as we move towards modernity. Such a move involves in part the re-alignment of the rules of wealth production and distribution of consequently the occurrence of new risks and challenges.
Finally the third and last entry is about Governance, 'Conceptualising Governance: A theoretical and Practical Agenda'
Governance is the key element to build an understanding of the major events which characterise the modern world, composed of global networks. It implies the understanding of the re-definition of the role of governments and international organisations, as well as of international law and politics. In this context Information and Communication Technologies emerge as a major component of such new world. Since ICTs are the actualising instrument of the formation of new identities and loyalties globally, their regulation will be a fundamental theme of the current decade. From that follows a movement which requires the redefinition of the notion of political responsibility, which is increasingly mediated from the emerging networks of individuals, nations and organisations which compose the constellation of the fragmented geo-political panorama of the 21st century.
The ideas presented above are not to be considered by all means complete. Anyone can participate to the ongoing discussion hosted in my blog by writing at
. Or by inserting their comments in the space provided in my blog.
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Come siamo arrivati alle Nanotecnologie -- How we came to be speaking about Nanotechnology
( 23 Ottobre 2004 )
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In English Era da molto tempo che volevo ripercorrere la riflessione di Bill Joy [ 1 ] che, nel 2000, scatenò un vero e proprio bailamme mediatico [ 2 ]. L'articolo che all'epoca scrisse per Wired, la rivista "top" dei futurologist, non poteva passare come l'ennesima sparata fantascientifica sul futuro annichilimento dell'umanità causato dalla brama di potere tecno-economico. Non poteva perché a scrivere era una delle menti migliori e più lucidamente visionarie degli ultimi vent'anni dell'informatica.
Quando quell'articolo uscì, nel 2000, ne demmo notizia in questo sito e poi è stato ripreso, in modo del tutto sporadico, allorché per un qualche motivo Joy veniva citato in queste pagine. A quanto mi consta, egli in seguito non ha fatto che ribadire la posizione che aveva esposto allora. Però... sono passati quattro anni, e non sono pochi nell'epoca del Web. E' una posizione sclerotizzata in senso estremista, dunque, quella di Joy? E' un "riscaldare la minestra" il riprenderla in considerazione? Non credo. Non lo credo perché la cronaca dell'attualità e il fatto che gli argomenti allora affrontati da Joy siano oggi, ogni giorno di più, "dati in pasto" ai media dell'entertainment mi fanno propendere a pensare che, tutto sommato, una rilettura di Joy e del dibattito allora suscitato [ 3 ] possa servire a qualcosa (a parte il fatto che può comunque essere una lettura piacevole). Servire come pietra di paragone, dato che oggi, parlando di convergenza fra Genetica, Nanotecnologie e Robotica (cosiddette "tecnologie GNR"), le relative citazioni sono abbastanza frequenti, anche se per lo più in chiave critica negativa.
A ben vedere, poi, nei cinque articoli in cui la Redazione di questo sito, col contributo di alcuni lettori, ha ripercorso la tematica della "GNR" [ 4 ], il tragitto si è mano a mano orientato verso un tipo di riflessione che in Joy trova un mero spunto. Il quinto articolo, infatti, si conclude con la seguente questione: «come fare a prendere delle decisioni sul nostro futuro in presenza di un'innovazione tecnologica il cui ritmo di avanzamento è sempre più accelerato (e quindi ci sfugge nella sua portata), decisioni che siano espressione di una politica democratica e, quindi, basata sul consenso». E, del resto, il suo stesso titolo, "Al di là della mancanza di consenso sui valori", funge da anticipazione della "materia del contendere". Contendere che, oltre a Joy, ha visto nel ruolo di protagonisti Raymond Kurzweil [ 5 ] e Michael Dertouzos [ 6 ].
Bene: in tutto questo, allora, dove e come si è parlato di Nanotecnologie?
Se ne è parlato prima di tutto nella chiave in cui Joy ne parla, per il motivo sopra esposto; cioè come di un portato della ricerca scientifica all'interno del quale si concretizzerebbero i timori dovuti alla sua ipotesi di autoriproduzione incontrollata di organismi biotecnologici e nanotecnologici.
Ma, soprattutto, una sterzata rispetto a tale "paradigma" ci ha aiutato a darla Omar Ganz, un lettore che, lavorando nel settore dei nuovi materiali, ci ha mostrato nel suo contributo come negli Stati Uniti l'opinione pubblica sia già sensibile e sensibilizzata sul tema, dato che gli interessi finanziari in gioco sono... qui sì sono davvero "fantastici", nel senso di "stratosferici" [ 7 ]. Tanto che gli analisti finanziari già parlano del Nanotech come del settore più promettente dei prossimi anni e sottolineano come questo sia il momento migliore per investire, e come sia importante farlo al più presto, visto che coloro che partecipano a questa "corsa" sono davvero tanti e tutti sono --diciamo così-- economicamente attrezzati e... "corazzati".
Eccoci giunti al punto: il mix fra business e tecnoscienza ha provocato un certo allarme in chi ha fatto della gestione del rischio il proprio motore economico, vale a dire le compagnie di assicurazioni (ma al livello di investimenti che le Nanotecnologie comportano, i soggetti di riferimento sono le compagnie di ri-assicurazione).
La Swiss Re [ 8 ] sembra aver bruciato tutti sul nastro di partenza in un incontro coi media svoltosi a Londra lo scorso maggio.
I rapporti [ 9 ] preparati da due dei suoi analisti del rischio, Annabelle Hett e Bruno Porro, sono una lettura da fare: non solo per l'accuratezza di esposizione che li contraddistingue, ma anche perché aiuteranno a comprendere meglio il modo in cui la politica, intesa come governance [ 10 ], sarà orientata ad affrontare, in un futuro che è davvero dietro l'angolo, questioni analoghe a quelle degli Organismi Genericamente Modificati (ma non solo) [ 11 ].
[1]
Bill Joy è stato per 21 anni "chief scientist" della Sun, azienda che ha contribuito a fondare, offrendo ad essa capacità creative che si sono rivelate essenziali per il suo successo. Mente ideativa dell'architettura Sparc, del sistema operativo Solaris, di Java e di molto altro, visionario del futuro tecnologico, Joy ha lasciato la Sun nel 2003 dichiarando soltanto di voler "perseguire altri interessi"; in un comunicato della Sun si trova scritto: "he has decided it is time for 'different challenges' ".
[2]
L'articolo era intitolato "Why the future doesn't need us": qui nel testo in inglese (nel sito di Wired) ; qui nel testo tradotto in italiano (a cura di Anna Tagliavini, testo pubblicato nel libro "Ripartiamo dal netWork", abbinato alla rivista Reset).
[3]
Il dibattito fu alimentato da nomi prestigiosi: basti riferirsi al seminario svoltosi a Stanford e citato in questo sito nel primo della serie di cinque articoli che hanno trattato l'argomento.
[4]
"Danger", "The Ultimate Danger: apocalittici e integrati", "La questione della responsabilità secondo Joy e secondo Kurzweil", "L'inevitabile e il desiderabile", "Al di là della mancanza di consenso sui valori". Tutti raggiungibili da qui.
[5]
Raymond Kurzweil è citato in particolare nel terzo e nel quinto articolo dei cinque che hanno trattato l'argomento; al quinto articolo si può fare riferimento anche per una nota biografica.
[6]
Michael Dertouzos è citato nel quinto articolo dei cinque che hanno trattato l'argomento, al quale si può fare riferimento anche per una nota biografica.
[7]
Omar Ganz ci ha dato notizia del primo sondaggio svolto in argomento: condotto da Michael Cobb (ricercatore alla North Carolina State University e docente di Scienze politiche), che ha curato la struttura della survey e analizzato i dati, da Patrick Hamlett (professore associato di Scienza, tecnologia e società) e da Jane Macoubrie (docente di scienze della comunicazione).
«Ultimamente negli States si va facendo strada l'opinione che le preoccupazioni (che, per il vero, al momento sono solo fantascienza) per le capacità di autoreplicazione di nanobots abbiano distratto l'attenzione da quelli che sono invece i rischi reali.» (Omar Ganz)
[8]
Swiss Reinsurance Company (Swiss Re) opera attraverso più di 70 uffici in 30 Paesi. Fondata a Zurigo nel 1863, è nel business delle assicurazioni con i tre gruppi: Property & Casualty, Life & Health, Financial Services. Offre prodotti per gestire il capitale ed il rischio, accanto a quelli assicurativi tradizionali.
[9]
Si veda l'articolo di Paola Parmendola del 22 ottobre.
[10]
Paolo Milani (Dipartimento di Fisica all'Università di Milano), in un'intervista rilasciata alla trasmissione di scienza di Radio 24 (qui nella trascrizione che ne ha fatto Paola Parmendola), ha parlato di un approccio in termini di governance:
«[Radio24]: "Nonostante per ora di danni legati alle nanotecnologie non se ne siano ancora verificati, ed è più che possibile che non se ne verificheranno mai, è prevalso l'atteggiamento di cominciare già a discutere di possibili problemi tanto che, ad esempio, organizzazioni ambientalistiche come Greenpeace siedono agli stessi tavoli in cui si devono definire i limiti entro cui muoversi. Un approccio, diciamo così di governance."
[Milani]: "E' un approccio molto sano. Un approccio che i Paesi Anglosassoni stanno promuovendo, in particolare gli Stati Uniti e l'Inghilterra, soprattutto negli Stati Uniti ci sono concentrazioni accademiche ed industriali che sono più avanti in questo tipo di studi, è chiaro poi che il problema se lo sono posti prima e se lo sono posti in una maniera che vede il coinvolgimento di soggetti sociali, politici, ambientali, in maniera appunto da sviluppare un approccio che tenga conto delle esigenze di tutta la società e non solo di certi settori dell'Industria o certi settori dell'Accademia e, quindi, sia in grado di dare un feedback continuo ed uno stimolo continuo a chi poi fa ricerca o ricerca applicata per trovare delle soluzioni che siano condivise da tutta la società."».
[11]
Si veda, ad esempio, il Progetto "Partecipazione Pubblica e Governance dell'Innovazione", promosso dalla Regione Lombardia con la collaborazione della Fondazione Bassetti e di Observa: ne parla in questo sito Giuseppe Pellegrini, di Observa, in un recente intervento. Pellegrini ha condotto per la Fondazione Bassetti, un anno fa, il Call for Comments sull'argomento del Progetto e ne ha curato la Presentazione.
In English I have been meaning for some time now to take another look at the comments made by Bill Joy [ 1 ], which caused a real media uproar in 2000 [ 2 ]. The article he wrote at that time for Wired, the top magazine for futurologists, could not be taken as merely the nth science fiction broadside on the future annihilation of mankind as a result of the lust for techno-economic power, because the person writing was one of the best and most lucidly visionary IT minds of the last 20 years.
We announced the article in this site when it first came out in 2000 and since then it has been taken up, on an entirely sporadic basis, any time Joy has been mentioned in these pages. As far as I am aware, since that time he has done no more than restate the position he set forth in 2000. However. four years have gone by, and that's a long time in the Web era. So, is Joy's position an extremist one that has become fossilised with time? Does even just taking it into consideration again imply a "rehashing" of old ideas? I don't think so. And the reason I don't think so is that the developments we are seeing now, and the fact that the subjects addressed four years ago by Joy are increasingly being served up to today's entertainment media, all tend to make me think that, all things considered, a re-reading of Joy and the debate he stirred up [ 3 ] at the time might serve some purpose (quite apart from being enjoyable reading in itself/ quite apart from the fact that it makes for enjoyable reading in itself). It might serve as a touchstone, given that today, when we talk about the convergence between Genetics, Nanotechnology and Robotics (the "GNR" technologies), it is referred to frequently, albeit mainly in a (negative) critical vein.
A closer look at the five articles in which the editorial office ?? of this site has covered GNR issues [ 4 ], with contributions from our readers, shows that the emphasis has gradually shifted towards a type of reflection that takes Joy merely as a starting point. Indeed, the fifth article ends with the following question:
"how can we ensure that the decisions we take on our future - against the background of technological innovation that is advancing at a faster and faster pace (the scope of which therefore eludes us) - are the expression of a democratic policy and, therefore, consensus-based?"
Besides, the very title of the article: "Al di là della mancanza di consenso sui valori", serves as a taster to the issue for debate. A debate in which, in addition to Joy, Raymond Kurzweil [ 5 ] and Michael Dertouzos [ 6 ] are other key figures.
So: in all of this, where and how did we come to be talking about nanotechnology?
First of all, in the vein in which Joy spoke of it, for the reason mentioned above: as a result of scientific research within the scope of which the fears aroused by his hypothesis of the uncontrolled self-replication of biotechnological and nanotechnological organisms would actually come to pass.
Secondly, and more specifically, Omar Ganz helped us to significantly shift the direction of the debate with respect to this "paradigm". Dr. Ganz is a reader working in the new materials sector who showed us in his contribution that in the United States public opinion is already aware of the issue, given that the financial interests at stake are.Well, in this case they are truly "fantastic", in the sense of "stratospheric" [ 7 ]. To the extent that the financial analysts are already speaking about Nanotech being the most promising sector for the next few years and making the point that this is the best time to invest, and that it is important to do so as soon as possible, since the numbers taking part in this "race" are high indeed and all of the potential players are - we might say - economically well-equipped and "armour-plated".
And this brings us to the crux of the matter: the mingling of business and technoscience has caused a certain amount of alarm in those whose economic activity is driven by risk management: insurance companies (but at the investment levels we are talking about in the case of nanotechnology, the key actors are the re-insurance companies).
Swiss Re [ 8 ] seems to have left everyone standing at the starting line in a meeting with the media in London last May. The reports [ 9 ] drawn up by two of its risk analysts, Annabelle Hett and Bruno Porro, are required reading for anyone with an interest in the subject: not just in view of the precision with which they set out their points, but also because they can help us to gain a better understanding of the way in which policy, understood as governance [ 10 ], will tend to address, in a future that really is just around the corner, similar questions to those raised by Genetically Modified Organisms (and others besides) [ 11 ].
[1]
Bill Joy spent 21 years as chief scientist at Sun, a company that he helped found and which he provided with creative skills that proved to be essential to its success. The mind behind the SPARC architecture, the Solaris operating system, Java and much more, and a visionary of the technological future, Joy left Sun in 2003, saying only that he wanted to "pursue other interests"; a Sun communiqué reads: "he has decided it is time for 'different challenges' ".
[2]
The article was called "Why the future doesn't need us", here in the English version (in the Wired site); here in the Italian translation (edited by Anna Tagliavini, published in the book "Ripartiamo dal netWork" issued with the magazine Reset).
[3]
The debate was fuelled by distinguished names: we need only check out the seminar that took place at Stanford and was mentioned in this site in the first of a series of five articles on this subject.
[4]
"Danger", "The Ultimate Danger: apocalittici e integrati", "La questione della responsabilità secondo Joy e secondo Kurzweil", "L'inevitabile e il desiderabile", "Al di là della mancanza di consenso sui valori". All can be reached from here.
[5]
Raymond Kurzweil is mentioned in the third and fifth articles in particular, of the five addressing this subject. The fifth article also provides a biographical note.
[6]
Michael Dertouzos is mentioned in the fifth article of the five addressing this subject; the article also provides a biographical note.
[7]
Omar Ganz told us about the first survey on this subject. This was conducted by Michael Cobb, a researcher at North Carolina State University and lecturer in Politics, who was responsible for the structure of the survey and the data analysis, and by Patrick Hamlett (associate professor in Science, Technology and Society) and Jane Macoubrie (lecturer in communication sciences).
"Recently the view has been gaining ground in the States that concerns over the self-replication capacity of nanobots (which, to tell the truth, at the moment are just science fiction), have diverted attention from the real risks." (Omar Ganz).
[8]
Swiss Reinsurance Company (Swiss Re) is one of the world's leading reinsurers and the world's largest life and health reinsurer. The company operates through more than 70 offices in over 30 countries. Swiss Re has been in the reinsurance business since its foundation in Zurich, Switzerland, in 1863.
[9]
See Paola Parmendola's article of 22 October.
[10]
In an interview on Radio 24's science programme (here in the transcription made by Paola Parmendola), Paolo Milani (Physics Department at the University of Milan) spoke of a governance-based approach:
"[Radio 24]: 'Although for the time being the damage connected with nanotechnology has not yet occurred, and it is more than likely that it never will, the attitude has prevailed whereby that we should already be starting to talk about possible problems, to the extent, for example, that environmental organisations such as Greenpeace are sitting at the same discussion tables where the limits for action are being defined. An approach based, you might say, on governance'.
[Milani]: 'That's a very healthy approach. An approach that the Anglo-Saxon countries are promoting, especially the United States and the United Kingdom. In the US in particular there are academic and industrial groupings that are more advanced in this type of study. It is clear that they have been the first to pose the question, and in a way that sees the involvement of social, political and environmentalist actors so as to develop an approach that takes into account the needs of society as a whole and not just of certain sectors of industry or academe and is therefore able to provide constant feedback and stimuli for those carrying out research or applied research with a view to finding solutions that are acceptable to all of society'."
[11]
See, for example, the "Public Participation and Governance of Innovation" project promoted by Lombardy Region with the cooperation of the Bassetti Foundation and Observa, which Observa's Giuseppe Pellegrini discussed recently in this site. A year ago, Pellegrini conducted a Call for Comments for the Foundation on the subject covered by this project and was responsible for the Presentation of the same.
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Su che cosa stiamo lavorando: Nanotecnologie (#2) -- What we're working on: Nanotechnology (#2)
( 22 Ottobre 2004 )
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Proseguo la rassegna di materiale relativo alle indagini in corso sulle opportunità e sui rischi conseguenti alla diffusione delle Nanotecnologie.
In questo item di Argomenti: tre documenti realizzati di recente dalla Swiss Re, la seconda compagnia di ri-assicurazioni del mondo. | We are continuing to review the material on the surveys currently under way on the opportunities and risks arising from the spread of nanotechnology. This item of the Topics contains: three papers produced recently by Swiss Re, the world's second largest re-insurance company. |
[ item precedente -- previous item: Nanotecnologie (#1) -- Nanotechnology (#1)]
Swiss Re investigates the opportunities and risks of nanotechnology from an insurance perspective, di Swiss Re [1] (10 maggio 2004)
- il link consente di scaricare il documento direttamente dal sito della Swiss Re - il documento è in formato PDF (Acrobat Reader) -
Questo documento, presentato in un incontro coi media a Londra, costituisce il contributo di Swiss Re al dibattito aperto sui rischi e le opportunità delle nanotecnologie, la cui produzione commerciale ed industriale è ancora nella fase iniziale. Attraverso le relazioni di Annabelle Hett (esperta del rischio in Swiss Re) e di Bruno Porro (Chief Risk Officer in Swiss Re) è descritta la posizione della compagnia assicurativa, che, responsabilmente, può supportare l'introduzione delle nanotecnologie, solo riuscendo a misurarne i rischi connessi.
Gli approfondimenti sono nel documento "Nanotechnology: Small matter, many unknows", scaricabile dal sito di Swiss Re (Research & Publications) e sul quale mi soffermo oltre. Nanotechnology: prospects and pitfalls di Swiss Re, autore: Annabelle Hett [2] (10 maggio 2004)
- il link consente di scaricare il documento direttamente dal sito della Swiss Re - il documento è in formato PDF (Acrobat Reader) -
Il documento, in forma di slides informative, inizia con una sintetica introduzione dove sono ricordate l'origine greca della parola "nanotecnologia" e la capacità delle nuove tecnologie di visualizzare, produrre e manipolare la materia di dimensioni di 1-100 nano-metri (nm). Particelle di dimensioni atomiche (v. nota in calce) che richiedono nuovi studi per analizzarne le proprietà (resistenza, peso ridotto, conduttività, ecc.) e l'elevata mobilità sia nel corpo umano sia nell'ambiente.
L'assenza di una memoria storica e la scarsità delle informazioni disponibili, cui fare riferimento, creano un clima di incertezza. Hett pone una serie di domande: "Le nanoparticelle che entrano nel corpo degli organismi viventi dal naso, dal sistema digestivo, dai polmoni, dalla pelle: possono arrivare al cervello? Se sono sostanze biodegradabili ed eliminabili, determinano ugualmente una tossicità? Al contrario, se non sono biodegrabili, l'accumulazione è fonte di una tossicità cronica?" e ancora: "Nell'ambiente, il passaggio delle particelle attraverso il terreno è inquinante (ad esempio come i metalli pesanti)? Quali sono le reazioni con le altre sostanze? Potrebbero esserci problemi nell'acqua? Quali le conseguenze se sono assorbite dalle piante, potrebbero entrare nella catena alimentare?"
Il cambiamento per le compagnie di assicurazione riguarderà la valutazione della frequenza e della gravità del rischio, attraverso l'adozione di strategie adeguate.
Il documento, infine, sottolinea l'importanza di un'opinione pubblica consapevole, supportando i progetti di ricerca e una regolamentazione della materia.
Nanotechnology: Small matter, many unknows, report di Swiss Re (1), autore: Annabelle Hett
- il link consente di scaricare il documento direttamente dal sito della Swiss Re - il documento è in formato PDF (Acrobat Reader) -
Il rapporto sulle nanotecnologie, redatto dopo aver consultato un lungo elenco di pubblicazioni scientifiche delle Università e delle Istituzioni, individua i rischi emergenti e contiene i risultati raggiunti dalla collaborazione dei principali stakeholders (industriali, scienziati, politici) con un team di esperti della Swiss Re.
L'utilizzo commerciale delle nanotecnologie, da un punto di vista assicurativo, ha aperto molte domande sui danni da "phantom risks" (3). Solamente una misurazione dei rischi potenziali consentirà alle compagnie assicurative di calcolare un premio ed una copertura assicurativa ad essi commisurati.
La tendenza di ridurre la materia a piccole dimensioni (miniaturisation) è presente in tutte le discipline e, nel downsizing, le proprietà dei prodotti in alcuni casi migliorano, ma esiste un limite oltre il quale le leggi attuali della fisica cambiano. Ogni materiale, ridotto in nanoparticelle, può comportarsi in modo diverso da prima, materiali elettrici isolanti, ad esempio, diventano improvvisamente conduttivi, sostanze insolubili diventano solubili. I cambiamenti rivelano la presenza di nuove proprietà, ancora sconosciute, il cui impatto sulla società, sull'economia e sulla vita in generale consentono di paragonare la nanotecnologia all'invenzione dell'elettricità. Gli atomi diventano reattivi, possono acquisire mobilità, le nanoparticelle possono essere assorbite dall'uomo, inalate o ingerite ("The smaller the size, the greater the harm?").
Anche se alcuni prodotti già sono in commercio (ad esempio le superfici water-repellent ed i materiali self-cleaning), gli esperti sostengono che a conquistare il mercato saranno piuttosto le medicine, con un potenziale enorme di innovazione (i leader sono gli USA, l'Europa ed il Nord America).
"Ogni nazione sta guardando alle nanotecnologie come al futuro tecnologico in grado di guidare la competizione economica" afferma Neal Lane, Professore di fisica alla Rice University, così i fondi per la ricerca pubblica (più di 3 miliardi di dollari, secondo le stime del 2003) sono destinati a crescere.
Ma l'attenzione del mondo della politica, sorprendentemente, è invece rivolto soprattutto ai nano-robot intelligenti e capaci di azioni totalmente autonome dal controllo umano.
Tra le descrizioni fantascientifiche, causate dall'uso improprio delle nanotecnologie, Michael Crichton nel bestseller "Prey" lega la realtà e la finzione al punto che lo spettatore ha difficoltà a distinguerle.
Un paragrafo del rapporto è dedicato al Principio di precauzione (4): "The precautionary principle demands the proactive introduction of protective measures in the face of possibile risks, which science at present - in the absence of knowledge - can neither confirm nor reject".
(1)
Swiss Reinsurance Company opera attraverso più di 70 uffici in 30 Paesi. Fondata a Zurigo nel 1863, è nel business delle assicurazioni con i tre group: Property & Casualty, Life & Health, Financial Services. Offre prodotti per gestire il capitale ed il rischio, accanto a quelli assicurativi tradizionali.
(2)
Annabelle Hett, laureata in medicina veterinaria lavora in Swiss Re Risk Engineering Service dal 2002, partecipando a molti progetti sull'identificazione, la valutazione e la comunicazione del rischio.
(3)
"A phantom risk refers to a phenomenon which is perceived by the population as a threat, although no scientifically demonstrable causal connection can be established"
(4)
Del Principio di precauzione, in questo sito, si può leggere nel Percorso specifico sviluppato tra Luglio 2000 e Agosto 2002, mentre negli Argomenti trattati alla fine del 2002 è possibile leggere un'intervista di Margherita Fronte a Paolo Vineis. Inoltre, più di recente, il Principio è stato nominato in tre articoli scritti nel 2003.
Nota:
Gli specialisti distinguono tra "nanoparticles" (piccole particelle che nascono dal processo di miniaturizzazione) e "nanotubes or buckyballs" (particelle generate dai prodotti manufatti, non presenti in natura, con una struttura cristallina).
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Una nuova educazione per il futuro della biosfera [26/08/05]
( 22 Ottobre 2004 )
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Aggiornato il 26 agosto 2005 Il 24 luglio 1906 Luigi Einaudi scriveva a Giovanni Vailati «Cosa vuoi che dica intorno alla riforma della Scuola Media? Che perdete il vostro tempo e non caverete un ragno dal buco. Tanto gli studenti bisogna promuoverli lo stesso, sappiano o non sappiano, ed i diplomi non valgono un fico secco» (Giovanni Vailati, Epistolario 1891-1909, Einaudi 1972, pag.601). Lo scetticismo di Einaudi, come dimostra l'altra parte del carteggio, è rivolto all'educazione scolastica come sistema burocratico-amministrativo, ma non all'educazione culturale come mezzo per comprendere il mondo in cui viviamo.
Chi si accosta al libro di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti "Educazione e globalizzazione" (Raffaello Cortina Editore, 2004), non vi trova certo la diffidenza di Einaudi; se però si attende di trovare indicazioni operativamente utili, tipo le famose tre "i" (Impresa, Inglese, Informatica), per un ammodernamento del sistema scolastico, non può che restare deluso. E' necessario, infatti, fare una distinzione semantica. "Educazione" non è "formazione". La formazione è conseguenza di un progetto educativo che a sua volta dipende dall'approccio culturale con cui i problemi sono affrontati. L'ambizione del saggio di Bocchi e Ceruti è di fornire gli strumenti culturali per educare, sarebbe più corretto dire: per imparare ad imparare la complessità del mondo globale. Ripercorrere le 220 pagine del libro non è lo scopo di questa recensione. Basti dire che i cinque capitoli attraverso cui si snoda l'esposizione sono una miniera d'informazioni e di considerazioni: dalla differenziazione degli organismi cellulari alla decifrazione del Dna, dalla rivisitazione delle teorie di Lamarck alla causalità genetica di Habermas. Occorre invece dire che la globalizzazione di cui parlano gli autori del libro ha un significato molto più dilatato di quello che quotidianamente ci viene trasmesso dalle cronache politiche e da quelle economiche. La globalizzazione è da intendersi come unità fisica, biologica e culturale della biosfera. E questa unità è il risultato di un lungo processo co-evolutivo che si è svolto attraverso l'interazione fra il mondo biologico, in cui, almeno negli ultimi cinque milioni di anni la specie uomo ha assunto un ruolo predominante, e l'ambiente che lo circonda. Si tratta di una storia in cui i momenti di continuità si alternano alle discontinuità (l'evoluzione punteggiata di Jay Gould) e in cui le tensioni fra locale e globale conducono a sempre nuovi equilibri. In questa prospettiva, svanisce ogni pretesa culturale basata sull'etnocentrismo. La centralità della specie uomo nell'universo non deriva da uno speciale statuto teleologico, ma dal lungo processo evolutivo che conducendolo da homo erectus a homo sapiens sapiens, lo ha posto nella condizione di determinare gli equilibri futuri della biosfera. Questa consapevolezza accentua la responsabilità umana (e il riferimento a Jonas è d'obbligo) nel senso di attenzione rivolta alle conseguenze che i nostri atti possono avere non solo verso il nostro prossimo, attuale o futuro, ma anche verso l'ambiente in cui ci muoviamo. Mentre nel passato della biosfera i grandi mutamenti, dalla catastrofe che 60 milioni di anni fa ha portato all'estinzione dei dinosauri fino all'ultima grande glaciazione durante la quale sono scomparsi i grandi mammiferi, sono ascrivibili a fattori naturali e/o artificiali, negli ultimi millenni, con accelerazione esponenziale, è stata la specie umana la maggior causa dei cambiamenti ed anche dei rischi che i mutamenti comportano.
L'affinamento delle tecniche di navigazione, incrementando gli scambi fra Oriente e Occidente, ha condotto alla diffusione delle grandi pandemie medievali; a sua volta la "svolta colombiana", (come nel libro viene definita la scoperta dell'America) ha portato, oltre ad uno scambio fra il nuovo mondo e il continente europeo di specie animali e vegetali (per esempio, il cavallo dall'Europa all'America e la patata in senso inverso) che ha avuto influenze positive in ambedue i continenti, anche alla diffusione di nuove malattie a cui i sistemi immunitari delle popolazioni erano impreparati. I conquistadores, mentre esportavano nelle Americhe il morbillo che decimava le popolazioni locali, diffondevano in Europa la sifilide.
Assieme all'incremento delle innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni, si è altresì concretizzata nell'uomo la consapevolezza che, pur se è vero l'aforisma di Heidegger che la tecnica è il nostro destino, non è affatto scontata l'ineluttabilità dell'inverno nucleare, o di un mondo dove biogenetica e nanotecnologie mutino radicalmente gli equilibri della biosfera.
Nel libro di Bocchi e Ceruti si fa molte volte riferimento al concetto di storia controfattuale. Non nel senso di ipotizzare quanto sarebbe accaduto "se" (il film della storia non è riavvolgibile), ma piuttosto nel senso che le svolte evolutive, se anche possono essere casuali, non è detto debbano rispondere sempre alla categoria della necessità. Di qui perciò l'importanza dell'educazione come sistema capace di superare la gerarchia delle discipline per porsi come interprete, responsabilizzante, dei mutamenti che l'azione della specie umana può determinare nella biosfera.
Data l'ampiezza dei riferimenti presenti nel saggio, sarebbe stato opportuno, se non un abstract dei singoli capitoli, almeno un indice dei nomi, per consentire in seconda lettura di orientarsi con più facilità.
NdR: in precedenza, in questo sito il libro è stato citato nell'item "Storicizzare la scienza" di questa sezione e in un contributo all'articolo "L'inevitabile e il desiderabile" (quarto articolo dell'iniziativa Collaborate) [26 agosto 2005] NdR: si veda anche la recensione di Claudio Tugnoli [ * ], già pubblicata nel sito dell'IPRASE del Trentino (sotto il menu "Prodotti" -> "Materiali di lavoro" -> "Intercultura")
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Su che cosa stiamo lavorando: Nanotecnologie (#1) -- What we're working on: Nanotechnology (#1)
( 19 Ottobre 2004 )
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Il dottor Omar Ganz ha scritto alla Redazione del sito mettendoci al corrente delle seguenti risorse in tema di Nanotecnologie.
Dopo averle consultate personalmente, ho prodotto il seguente resoconto e desidero ringraziarlo per l'utilissimo contributo che generosamente ci ha dato. | Dr. Omar Ganz has written to this website's editorial Staff to up-date us on the following material on the subject of nanotechnology. After following up his leads directly, I've produced the following summary and would like to thank Dr. Ganz for his most useful and generous contribution.
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Paola Parmendola
www.fondazionebassetti.org/parmendola.htm
There's Plenty of Room at the Bottom di Richard Feynman (1959)
"An online transcript of the talk by Richard Feynman to the annual meeting of the American Physical Society. It provided a startling glance into a future that is now coming true".
Richard Feynman (1918-1988), premiato nel 1965 con il Nobel per la Fisica, nel testo indicato descrive le infinite applicazioni tecniche realizzabili quando si manipola la materia a livello microscopico. Feynman osserva, tra l'altro, come il sistema biologico stesso sia una miniera di informazioni in scala ridotta. E, pensando ad un prossimo futuro, senza alcun timore, afferma con sicurezza che: "we can arrange the atoms the way we want; the very atoms, all the way down!" Clones, Genes, and Immortality: Ethics and Genetics di John Harris (Oxford Paperbacks, 1998)
"Can the rampant advances in technology be married to a considered and long-term ethical stance? Covering issues such as embryo research, screening and discrimination and commercial exploitation".
John Harris, professore di Bioetica all'Università di Manchester, nel testo analizza le problematiche etiche aperte dall'ingegneria genetica e dalla rivoluzione biotecnologia.
Environmental Group Researchers Square off in Pollution Debate di Jim Krane (Associated Press), in "Small Times: News about MEMS, Nanotechnology and Microsystems", New York, 9 settembre 2002.
"Canadian environmental organisation ETC has called for a ban of nanotechnology until it can be proved safe. This article looks at the arguments for and against".
L'organizzazione ETC Group (Action Group on Erosion, Technology and Concentration, formerly Rafi, the Rural Advancement Foundation International) chiede ai Governi di arrestare lo sviluppo di prodotti basati sulle nanotecnologie. Impedire la commercializzazione delle applicazioni nanotecnologiche ai cibi (ad esempio le "bevande interattive" che possono cambiare colore o sapore, con milioni o miliardi di nanoparticelle), è una delle preoccupazioni di ETC Group. Tuttavia a moderare la visione degli ambientalisti pensano Rick Smalley (della Rice University, premio Nobel per le ricerche sulla nanotecnologia) che considera l'idea di simili cibi uno scenario futuristico, e Kevin Ausman (direttore del Center for Biological and Environmental Nanotechnology alla Rice University di Huston) che afferma "Stiamo trattando materiali potenzialmente pericolosi per la salute, ma questo possiamo saperlo in anticipo".
Thinktank Predicts Nanotechnology Backlash di Donald MacLeod, Guardian, febbraio 2003
"Experts at one of the world's leading medical ethics think tanks warned of a growing backlash against nanotechnology. Find out more about it here".
L'autore riferisce che, in un paper pubblicato nella rivista di Nanotecnologia dell'Istituto di Fisica dell'Università di Toronto, i ricercatori del Joint Centre for Bioethics (JCB) rilevano un aumento dell'allarme sociale legato alle nanotecnologie e temono, di conseguenza, che questo dia luogo a un'opinione pubblica avversa alle nanotecnologie, simile alla reazione verificatasi nei confronti degli OGM: occorre quindi "fare subito i passi necessari per chiudere il gap tra la scienza e l'etica delle nanotecnologie [.]. Aprire una pubblica discussione sui benefici e sui rischi di questa tecnologia è urgente".
Anche se gli investimenti nella ricerca hanno subìto un sostanzioso incremento (i milioni di dollari in USA sono passati da 430 a 604 negli ultimi cinque anni, nell'Europa occidentale da 126 ad oltre 350, in Giappone da 120 a 750), le preoccupazioni del team universitario derivano dal fatto che le implicazioni etiche, ambientali, economiche, legali e sociali non vengono discusse in modo abbastanza diffuso.
"Chi beneficerà delle nanotecnologie? Queste si riveleranno come un nuovo modo per aumentare la ricchezza dei Paesi ricchi, oppure dovrebbero essere fatti dei passi per garantire che i Paesi in via si sviluppo partecipino? Incrementeranno la sicurezza o apriranno l'era del "nano-terrorismo"? Chi regolerà le ricerche militari sulla nanotecnologia? Dove vanno a finire i nano-materiali quando entrano nell'ambiente e quali sono i loro effetti? E le tante persone che sono scettiche sulle modifiche del sistema di vita come vedranno la prospettiva di impiantare materiali artificiali o macchine nell'uomo?". Queste inquietanti domande dovrebbero spingere ad affiancare la profusione di fondi per il Nanotech con una consultazione multidisciplinare, che coinvolga scienziati, governi, industrie, opinione pubblica.
Committee Meets to Investigate Nanoscience di Rachel Liddle, Guardian, luglio 2003
"Article on a meeting of scientists, engineers, environmentalists, and consumer and health experts to discuss the implications of nanotechnology".
L'indagine è svolta per la prima volta da una commissione selezionata dalla Royal Society e dalla Royal Academy of Engineering. Partendo dalla considerazione che la nanotecnologia fa già parte della nostra società dei consumi (ad esempio nei cosmetici), i timori riguardano soprattutto le future applicazioni ed i rischi sconosciuti a loro connesse. Il lavoro della commissione intende approfondire ogni aspetto legato alle nuove tecnologie e preparare la ricerca agli investimenti di 90 milioni di sterline, previsti per il prossimo anno.
The First International SBE Conference on Bioengineering and Nanotechnology, 26-29 settembre 2004, Biopolis (Singapore)
L'evento è stato cosponsorizzato dalla Society for Biological Engineering, dall'American Institute of Chemical Engineers e dall'Institute of Bioengineering and Nanotechnology. Alla conferenza, dove sono intervenuti 200 delegati (bioingegneri e nanotecnologi) da più di 20 Paesi, sono stati presentati gli ultimi progressi ed esplorate le potenzialità esistenti ai confini delle discipline di ingegneria, scienza e medicina. Nel sito è consultabile e disponibile per il download il Conference Report "ICBN 2004 Program Book".
Nanotech industry approaches massive growth phase di Alan Shalleck, "Small Times: News about MEMS, Nanotechnology and Microsystems", settembre 2004
"Identifiable commercial applications of nanotechnology are in the final stages of testing for introduction as products next year. With these product introductions, private companies with a real presence in markets will surface, making next year, potentially, a good nanotech IPO [Initial Public Offering] year".
Nell'articolo, l'autore cerca di valutare lo stato di maturità raggiunto dalle nanotecnologie, con una serie di acute considerazioni e di realistiche previsioni per il futuro. Le vaste possibilità di applicazione, scrive Shalleck (autore della newsletter http://www.nanoclarity.com/), spingono ad accelerare lo sviluppo tecnologico, caratterizzato finora da una crescita goffa e non strutturata. Le nanotech company hanno invece la necessità di dimostrare come entrare nei mercati e come valorizzare le loro ricerche attraverso l'immissione in commercio dei prodotti, di cui è importante difendere la proprietà intellettuale.
Alla fine del 2004, i fondi governativi e gli investimenti delle società (i 2/3 vengono da fuori degli USA) iniziano a rivelare molti risultati tangibili. Alcune applicazioni, specialmente dell'industria farmaceutica e medica, oggi nella fase finale di test, potranno essere in commercio già il prossimo anno. L'autore tuttavia osserva che è necessario procedere con cautela, sia perchè molti segmenti industriali sono destinati a sparire, sia perché le nanotecnologie determineranno implicazioni etiche e morali da prendere attentamente in considerazione. Ma conclude dicendo: "Because of the massive amount of funding and worldwide competition, nanotechnology's applications will occur far more rapidly and more broadly than predicted. Stake out your positions now . next year may be too late."
NanoCommerce '04 - Partners, products & strategy, 5-7 Ottobre 2004, Chicago.
Un convegno sul business delle nanotecnologie, organizzato con i più grandi leaders del mondo del commercio, dove conoscere le ultime novità dei prodotti nanotech e creare opportunità di relazioni commerciali.
In Italia, l'AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale) ha realizzato un sito ricco di informazioni sulla situazione italiana della ricerca e dell'industria nel campo del Nanotech: Nanotec IT. | In Italy, the Italian Association for Industrial Research (AIRI) has set up a website containing a wealth of information on developments in Italian research and industry in the nanotechnology field: Nanotec IT. |
PROSSIMAMENTE: tre documenti della Swiss Re (la seconda compagnia di ri-assicurazioni del mondo) che analizzano le opportunità e i rischi delle nanotecnologie da una prospettiva assicurativa. | COMING SOON: three papers by Swiss Re (the world's second largest re-insurance company) analysing nanotechnology risks and opportunities from the insurance perspective. |
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Un dialogo con Roberto Panzarani (seconda parte) -- A conversation with Roberto Panzarani (part two) [6 Dec. 04]
( 16 Ottobre 2004 )
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Seconda parte -- Part two
Invito i lettori ad intervenire:
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An invitation to all readers:
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(T. Correale Santacroce)
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(continua dalla Prima parte)
-- Tommaso Correale Santacroce --
4. Involucro e contenuto.
Per quanto riguarda la relazione tra il marchio e l'azienda, mi viene in mente quella fase della storia del design in cui l'involucro degli oggetti, grazie allo sviluppo tecnologico, si è scollato dal contenuto. Quando il contenuto di una macchina da scrivere si è trasformato, da un ammasso di leve e parti meccaniche (che obbligavano ad una certa forma), ad un assemblaggio di parti elettroniche, si è posta una scelta, e insieme una grande libertà, a chi si trovava a dover disegnare l'involucro della parti: estetica o praticità? Moda o ergonomia? Molto dello spazio interno di un involucro restava vuoto perché le parti interne si erano rimpicciolite. Ancora adesso la progettazione di un oggetto si sposta propendendo a volte da una parte, a volte dall'altra.
Il valore della sua forma e il valore del suo contenuto spesso non coincidono, eppure dipendono uno dall'altro.
È curioso che la questione degli asset intangibili sembri riguardare il contenuto (il valore dei singoli individui coinvolti in una impresa) per poi invece esprimersi in una dichiarazione di forma (un logo senza un vero sostegno di cambiamento in qualità e responsabilità).
-- Roberto Panzarani --
Questo è interessante oltre che per gli oggetti anche per le aziende. E' assolutamente incredibile la mancanza di attenzione ai luoghi che le aziende oggi hanno. Nella fase industriale, non solo le aziende ma anche i quartieri erano costruiti per una "destinazione monofunzionale" come direbbe Toefler. (E' molto interessante al riguardo l'ultimo libro di Richard Sennett "Rispetto" ed. Il Mulino).
Pensiamo a Detroit, ad Arese o alla stessa Ivrea. Quest'ultima con la grande differenza della particolare attenzione che Adriano Olivetti dava all'ambiente di lavoro e alla sua ergonomia.
Per quanto riguarda l'esteticità degli oggetti questa sicuramente è diventata importante "economicamente" nella società post-industriale e qui l'Italia ha giocato un ruolo fondamentale.
Naturalmente dando per acquisite tutte le caratteristiche tecniche come perfette. Lo swatch nasce quando i giapponesi avevano inventato un orologio che era 125 volte più preciso di quello di cui avevamo bisogno. Ed ecco che a questo punto "la differenza" economica è data da bello o brutto. E così per tutti gli altri oggetti di Alessi, Frau, (persino per le Ducati o le Ferrari diciamo che sono belle, la loro velocità a questi livelli è una "commodity") ecc, il valore è dato dall'esteticità. Naturalmente tutto questo è compreso strategicamente molto meglio all'estero che qui, ma questo è normale.
Il logo "decade" o danneggia quando ovviamente cadono le fondamenta. Mi sembra che Parmalat possa essere un buon esempio, ma senza andare in questa tragicità, è già significativo che quando cambia l'AD di una azienda importante le azioni in borsa cadono o salgono...
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(continuation from the Part one)
-- Tommaso Correale Santacroce --
4. Wrapping and content
The relationship between brand and company brings to mind that period in design history when, thanks to technological development, the outer casing of objects became "unhitched" from their content. When the content of a "writing machine" was transformed from a bundle of levers and mechanical parts (which required the machine to assume a given shape) to an assembly of electronic parts, this implied a choice - and great freedom - for those working on the design of the casing: aesthetic or practical considerations? Fashion or ergonomics? Much of the space inside the casing remained empty because the internal parts had become so much smaller. Even now, the design process of any given object tends to shift, first in one direction and then another. The value of its shape and its content often do not coincide, and yet they are interdependent.
It's strange that the question of intangible assets seems to concern content (the value of the individuals involved in a company) only to be expressed in a declaration of form (a logo without any real support for change in terms of quality and responsibility).
-- Roberto Panzarani --
That's interesting, not just in terms of objects but also of companies. It's absolutely amazing to see how little attention companies pay to places nowadays. In the industrial era not just firms but districts too were built for a "mono-functional destination", as Toefler would say. (The latest book by Richard Sennett, "Respect", published in Italy by Il Mulino, is most interesting in this respect).
We need only think of Detroit, Arese or even Ivrea. The last of these is remarkable for the particular care that Adriano Olivetti devoted to the working environment and its ergonomics.
Meanwhile, the aesthetic qualities of objects have undoubtedly become "economically" important in post-industrial society, and here Italy has played a vital role - taking it as given, naturally, that all the technical features are perfect. The Swatch came into being after the Japanese invented a timepiece that was 125 times more precise than we needed. And this is where the "economic difference" comes to depend on whether or not an object is good to look at. The same can be said for the objects made by Alessi or Frau etc (even in the case of a Ducati or a Ferrari we say that they are beautiful as objects, with their speed, at these levels, being considered as a commodity). Their value derives from their aesthetic qualities. Naturally, all of this is understood strategically much better abroad than it is here, but that's par for the course.
Logos can "decline" or cause damage when the underlying fundamentals are missing. I see Parmalat as being a good example, but without going into the details of that dramatic case it is significant to note that when the managing director of a company changes, its share prices go up or down.
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5. Emozioni e "non luoghi".
Altra questione che mi viene in mente sono quel che Marc Augé chiama i "non luoghi": gli aeroporti, i centri commerciali, le catene di negozi in merchandising, i parchi tematici che "mimano" luoghi esistenti in altre latitudini...
Se è difficile distinguere tra emozioni originali e emozioni indotte, se i non luoghi esistono non solo sul piano del mercato e del capitale, ma anche sul piano esistenziale, se i modelli non sostenibili hanno saturato le possibilità del pianeta, la monetarizzazione del valore creativo individuale è un passo verso una catastrofe oppure è un segnale di svolta sostanziale?
Proviamo a credere nell'ultima affermazione. Con grande difficoltà e senza grandi illusioni penso tuttavia, come dicevamo, che ci sia una reazione delle persone alla ricerca di una maggiore autenticità. E' come se l'avidità del mercato avesse saturato persino le persone meno attrezzate culturalmente. E quindi la disaffezione che si sta riscontrando per la pubblicità e i modelli che propone inizia ad essere "produttiva" in senso umano. In sostanza ci sono segnali di "intelligenza sociale" che prima erano assolutamente inesistenti. Il tentativo del mercato è dunque di impadronirsi di queste "emozioni" o di queste "disaffezioni", in ogni caso per ricomprenderle in termini monetari. O ci sarà una umanizzazione del mercato o ovviamente si svilupperà una ulteriore "monetizzazione" dei sentimenti umani. Voglio sperare nella prima.
Il tema comunque non sono gli strumenti ma ovviamente i modelli. Chi si occupa di modelli è la politica e purtroppo sono vari anni che in Europa, e in una buona parte del mondo, la politica non attrae cervelli.
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5. Emotions and "non-places"
Another question that comes to mind is what Marc Augé calls "non-places": airports, shopping centres, chains of "merchandise" shops, theme parks that "mimic" existing places in other latitudes...
If it is difficult to distinguish between original and induced emotions; if "non-places" exist not just at the level of markets and capital, but also at the existential level; and if unsustainable models have exhausted the planet's possibilities: is the "monetisation" of individual creative value a step nearer to catastrophe or a signal of a major change of direction?
Let's pin our hopes on the second option. Although I think, as we were saying, that with great difficulty, and without too many illusions, people are reacting and seeking greater authenticity. It is as though even those people who are most poorly equipped culturally had had enough of the greed of the market. And as a result, the disaffection that we are finding with advertising and the models it proposes are starting to be "productive" in a human sense. In short, there are signs of "social intelligence" that previously just didn't exist. The market is now attempting to take over these "emotions" or "disaffections", and at any rate to encompass them in monetary terms. There will either be a humanisation of the market or else, naturally, human sentiment will become even more "monetised". I would like to hope that the former will be the case.
The key issue, however, is not the instruments but the models. The arena that deals with models is politics and unfortunately, for several years now, in Europe and much of the rest of the world politics has not been attracting the best minds.
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6. Interessi personali e comuni.
Di fronte ad un ritardo sempre crescente nella valorizzazione del patrimonio intangibile del nostro paese e di fronte ad interessi personali che non si mettono in gioco per realizzare interessi comuni, quanto gioca la formazione, o la crescita culturale all'interno delle scuole?
Mi sembra che il terreno fertile ci sia (come anche lei fa notare, lo possiamo vedere anche nel pubblico che esulta ai festival di letteratura e filosofia), ma che siano rare le figure competenti nell'immaginare e realizzare strutture ed eventi che sostengano questa spinta. Come se il ritardo delle istituzioni sia anche a livello delle attività riconosciute...
Come professione sono un formatore e sono tanti anni che mi occupo della formazione dei formatori. Quindi credo nella formazione. Ritengo che senz'altro il futuro economico dell'Italia può trovare grande giovamento dal formare persone che lavorino sugli asset intangibili italiani.
Naturalmente è molto più difficile che formare persone alle attività di ufficio o alle attività di fabbrica.
Se pensiamo ai beni culturali, al turismo, ai festival, sono tutte attività "sistemiche". Quindi formare in questo ambito è molto più complicato.
Pensiamo alle nostre "esperienze": se vado in una città e mi trovo benissimo in un Hotel, e poi vado a comprare il giornale e vengo trattato in modo sgarbato, il mio "ricordo" non è più eccellente. Quindi, se voglio formare, devo formare il giornalaio e il personale dell'Hotel insieme e così via. Qui questo modello formativo non esiste. E così via....
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6. Personal and common interests.
In the face of a lengthening timelag in capitalising on our country's intangible heritage and of personal interests that are unwilling to enter into play to achieve common interests, how important is training, or cultural growth, in schools?
It seems to me that although there is fertile ground here (as you too point out, this also emerges from the public's great enjoyment of literature and philosophy festivals), there is a lack of people who are able to imagine and achieve structures and events to support this impetus. As if the timelag in the institutions also existed in recognised activities...
I'm a trainer by profession and for many years now have been working on the training of trainers. So I believe in training. I think that Italy's economic future could benefit greatly from training people who would work on the country's intangible assets.
Naturally, this is much more difficult than training people in office or factory work.
If we consider cultural assets, tourism or festivals, these are all "systematic" activities, which means that training in this sphere is much more complicated.
We need only think of our own personal experiences. If I visit a city and stay in a hotel where I'm treated really well, but then go out to buy a newspaper and the newsagent is rude to me, my "memory" of that trip will no longer be such a good one. So, if I'm planning to train people in this sector, I need to train the newsagent and the staff of the hotel at the same time, and so on. This training model doesn't exist here in Italy...
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7. Pre e post industriale.
Lei parla di "visione "astratta" fuori del tempo della realtà" e in effetti, tra le quotazioni di David Bowie in borsa e la produzione di uno spettacolo teatrale in Italia (altro che catena di montaggio, qui si parla di artigianato) c'è un abisso.
Ma è anche una delle caratteristiche peculiari della cultura italiana ed europea. Un fare ad hoc, un personalizzare e mirare al pezzo unico come più alto valore, è il dramma antieconomico e insieme la ricchezza (intangibile) della nostra cultura. A suo parere, quale potrebbe essere una strada da seguire per render il dramma una commedia a lieto fine e la ricchezza qualcosa di più tangibile?
La nostra è una "unicità" che viene dalla nostra storia, dalle botteghe del rinascimento e da tutte le esperienze che si sono dipanate nei secoli...
E' importante ricordare una cosa: che la nostra capacità non è solamente nei designer, ma è nelle persone che sanno come lavorare i materiali, che capiscono le forme. Persone che le cose le fanno con le mani e sanno come farle. Tutto questo non è "delocalizzabile", ma sicuramente va valorizzato ancora di più. Qui la formazione gioca un grosso ruolo.
Borges nell'Aleph racconta del barbaro Droctulf che "calato" in Italia per distruggere Ravenna ne rimane in realtà incantato dai marmi, dagli archi, da tutta la sua architettura, si commuove e capisce che la sua mente non è nemmeno in grado di "contenere" tutta quella bellezza. A quel punto decide anziché distruggerla di morire per essa. In sostanza muore per qualcosa di intangibile e per lui quasi "incomprensibile". Come dicevo prima, all'"estero" capiscono meglio di noi la nostra unicità... sta a noi tradurla in ricchezza.
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7. Pre- and post-industrial.
You speak of an "'abstract' vision outside the time of reality" and indeed there is an abyss between the listing of David Bowie in the stock exchange and the production of a theatre show in Italy (anything but a production line, here we're talking about crafts). But this is also one of the features peculiar to Italian and European culture. Our ad hoc way of doing things, our tendency to personalise and aspire to the one-off piece as the highest possible attainment, is both the dramatic, anti-economic problem and at the same time the (intangible) wealth of our culture. In your opinion, what road should we be taking to turn this drama into a story with a happy ending, and this wealth into something more tangible?
Our "uniqueness" comes from our history, the workshops of the renaissance and all the experience that has unfolded over the centuries.
There is one thing in particular that we need to re-member: that our skills do not lie just in the hands of designers, but in those of the people handling and having a true feel for their materials. People who work with their hands and know how to make things. These qualities are not "delocalisable", but much more should be made of them. And this is where training has a major role to play.
In Aleph, Borges tells of a barbarian, Droctulft, who rampages down Italy to destroy Ravenna but instead is stopped in his tracks, spellbound by the marbles, the archways, by all of the city's architecture. He is deeply moved by all this and understands that his mind is not even capable of "grasping" all that beauty. At that point, he decides that instead of destroying Ravenna he will lay down his life for it. In short, he dies for something intangible and for him almost incomprehensible. As I said earlier, they have a better understanding abroad of our "uniqueness".it is up to us to translate it into wealth.
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Aggiornamento del Blog: 'Innovation, Risk & Governance' (per il pubblico Italiano)
( 12 Ottobre 2004 )
( scritto da
Daniele Navarra
)
- Permalink -
(usare questo link per puntare direttamente a questo item degli Argomenti)
Ho inserito nel Blog 'Innovation, Risk & Governance' l'ultimo post di 'orientamento' per lettori del sito ed eventuali collaboratori della FGB. La "triade" di post che definisco di 'orientamento' ha trattato di volta in volta i punti chiave degli argomenti del Blog, sia come modello di riferimento che come spunto di discussione con i lettori. L'idea di fondo di questi post e' quella di fondare le basi per continuare in maniera proficua la vasta rassegna di argomenti trattati nel Blog.
Il primo pezzo ('Conceptualising Innovation: A theoretical and practical agenda') traccia le linee teoriche con ripercussione anche per i 'practioners' nel campo dell'Innovazione, intesa come sviluppo economico e sociale delle nazioni. I modelli di riferimento sono quegli stati che lungo il corso della storia sono riusciti a supportare aziende e sistemi di innovazione in grado di svilupparsi autonomamente. In particolare attraverso la creazione di legami tra gli istituti di ricerca, il settore privato, l'industria in senso largo e le istituzioni bancarie creando un contesto formativo a favore della creativita' e della sperimentazione, ma che allo stesso tempo ha indirizzato risorse non solo per la ricerca, ma anche per lo sviluppo e l'applicazione delle stesse. Supportando in tal modo un circolo virtuoso di 'distruzione creativa' ad alta capacita' innovativa in grado di beneficiare il sistema economico attraverso la creazione di un tessuto industriale dinamico e produttivo.
Il secondo pezzo ('Conceptualising Risk: A theoretical and practical agenda') riguarda la definizione del concetto di Rischio.
Il concetto di rischio include il calcolo probabilistico e la creazione di modelli in grado di prevenire e manipolare la realta'. Tali modelli risultano incompleti nella societa' attuale, ovvero, secondo Beck, la 'Societa' del Rischio'. L'incompletezza del solo aspetto di gestione quantitativa risulta dall'impossibilita' delle compagnie di assicurazione di essere in grado di risarcire piu' persone simulaneamente a causa del manifestarsi di rischi quali catastrofi naturali. Pertanto il concetto di rischio e la gestione dello stesso deve essere necessariamente supportato dalla comprensione delle dinamiche politiche e sociali in gioco durante il cambiamento delle relazioni degli assetti produttivi e l'alterazione dello status quo. Partendo da una rassegna dei contributi di autori del calibro di Anthony Giddens e Ulrich Beck, il concetto di rischio si materializza innanzi tutto sotto le sembianze del passaggio epocale tra tradizone e modernita'. Tale passaggio comporta da una parte lo sconvolgimento delle regole di organizzazione e produzione della ricchezza dell'epoca pre-moderna e di conseguenza produce nuovi rischi durante la fase transitoria verso la modernita'.
Infine, il terzo ed ultimo pezzo e' sulla Governance ('Conceptualising Governance: A theoretical and Practical Agenda').
La Governance e' la chiave di lettura principale degli eventi che caratterrizzano il nuovo mondo composto di reti globali. Un tema 'caldo' che implica la ridefinizione del ruolo dei governi e delle organizzazioni internazionali del diritto e della politica internazionale. In tale contesto emergono le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Dal momento che queste tecnologie sono lo strumento di attuazione del formarsi di nuove identita' e nuove fedelta' a livello globale la loro regolamentazione sara' un tema fondamentale del decennio attuale. Ne consegue pertanto il crearsi di un movimento che necessita la ridefinizione della responsabilita' politica meditata dalle emergenti reti di individui, nazioni ed organizzazioni che compongono la costellazione del frastagliato panorama geo-politco all'inizio del 21esimo secolo.
Le riflessioni riportate sopra sono da considerarsi per nulla complete, tutt'altro. Passo quindi la parola ai lettori per commenti o idee sugli elementi mancanti nel mosaico abbozzato con i post di orientamento per rendere il mio spazio piu' utile e interessante.
Grazie per la cortese attenzione.
Potete scrivermi le vostre idee, opinioni o commenti a:
, oppure usando il modulo per i commenti che si trova in calce all'ultimo dei post di 'orientamento'.
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