Riferimento: www.incontrisulpianeta.it |
Nell'ambito di un ciclo di seminari organizzato nel 2002 da Isvor Knowledge
System in collaborazione con CBI Network Italy di Cap Gemini Ernst &
Young (si veda il sito intitolato all'iniziativa: "Incontri sul
Pianeta", indicato nel riquadro qui a fianco), Luigi Luca Cavalli
Sforza (una delle massime autorità mondiali nel campo della genetica umana) ha
parlato dell'utilizzo creativo della ricerca genetica applicata all'evoluzione e alla
storia della nostra specie.
Piero Bassetti [ * ], intervenendo
come discussant al seminario, ha tracciato un proprio itinerario di ragionamento dal quale
emerge una personale visione del problema della responsabilità nell'innovazione.
Il testo seguente riporta quasi fedelmente le sue parole e la replica di Cavalli Sforza.
(On-line: Gennaio 2003)
Questo documento è un ramo di pagina 7 degli Argomenti |
(...) Ora vorrei accennare a un altro punto, che è molto in linea col tipo di lavoro culturale che stiamo facendo come Fondazione Bassetti.
E dunque: qual è la responsabilità nellinnovazione e di chi è?
L'uomo come "elaboratore di modelli culturali" |
A un certo punto, Cavalli Sforza ha parlato in termini espliciti di responsabilità che luomo consapevole sviluppa nellesercitare la funzione di operatore per conto della natura, in quanto elaboratore di modelli culturali.
Di chi è la responsabilità dell'innovazione? |
In fondo, questo è il modo attraverso il quale noi esercitiamo un compito di selezione, anche se di tipo culturale.
...responsabile... il Management? |
Ecco, vorrei dire che se dal punto di vista materiale loggetto di cui parliamo è linnovazione, dal punto di vista morale loggetto di cui parliamo è il management e la responsabilità del management.
Perché? Che cosa vuol dire management? Linglese "management" viene da "ménager", e questo a sua volta viene da "mano". E la mano ha una lunga storia. I nostri antenati non avevano il pollice, non erano capaci di presa. Da allora noi abbiamo creato le mani più sofisticate, e penso ai robot e penso soprattutto alle tecnostrutture. In fondo, le tecnostrutture hanno collettivizzato il problema del managing.
In definitiva, noi oggi chiediamo che nella nostra civiltà la mediazione storico-culturale sia fatta dai manager.
...responsabile... non più il Principe |
Questo, secondo me, è un fatto importante, perché fino a poco tempo fa era fatta dai Principi. Il Piemonte da questo punto di vista è davvero molto rappresentativo: dalla monarchia a una tecnostruttura.
Ciò significa che la responsabilità del fare accadere le trasformazioni --che non è solo affidata ai geni ma è affidata soprattutto al nostro libero arbitrio-- oggi è affidata ai manager. Ecco, secondo me di questo i manager non sono sempre consapevoli e questo è il tema sul quale noi, come Fondazione Bassetti, lavoriamo.
Il sistema ha creato un filtro di irresponsabilità |
Il sistema ha creato un filtro di irresponsabilità.
...responsabile... il Mercato? |
Si dice abitualmente che è il Mercato a essere responsabile, perché è sul Mercato che si misura il consenso rispetto a uninnovazione.
Il Mercato come motore dello sviluppo |
Ma la proposta dellinnovazione non è fatta dal Mercato, il Mercato giudica solo il gradimento di uninnovazione, e quindi giudica se la Coca Cola è meglio della Pepsi Cola e mette in utile di più o di meno la Coca Cola.
Ma, in questo modo, il Mercato ha giudicato anche il Talidomide. E quando si è scoperto che il Talidomide produceva bimbi focomelici: no, questo non era colpa del Mercato.
Responsabilità in senso storico-culturale |
Se voi guardate ogni innovazione che abbia un certo rilevo, la vera responsabilità storico-culturale è presa da chi la propone.
Pensiamo allautomobile: quando è stata messa in strada lautomobile, era difficile prevedere che avrebbe rappresentato un dramma, che avrebbe raggiunto la saturazione.
Oggi --lo capisce qualunque profano-- devessere dannatamente difficile vendere le automobili, perché viene quasi il dubbio che quando escono dalla linea non si sappia dove fisicamente metterle, visto che una domenica pomeriggio una regione come la Lombardia ha tutte le strade coperte fisicamente da automobili.
Ma se fosse vero che lautomobile, per esempio, ha creato il problema dellinquinamento, a chi possiamo ricondurre la responsabilità di averci sottoposto linnovazione che la selezione naturale probabilmente un giorno condannerà, oppure assolverà (facendoci cambiare gli scappamenti delle automobili)?
L'innovazione è un fatto, è un accadimento |
E chiaro che il Mercato non può essere considerato responsabile, in qualche senso preciso del termine. A differenza della scoperta, che è "disvelamento", "rinvenimento", linnovazione è sempre un "accadimento": chi innova "fa accadere", fa succedere dei fatti, e i fatti mutano la realtà. Ma chi si assume le responsabilità di un intervento sulla realtà?
Abbiamo detto che la responsabilità dei nuovi accadimenti non può essere attribuita al Mercato, ma non mi sentirei ancora di dire che è stata attribuita ufficialmente ai manager. Perché ai manager viene invece chiesto di operare allinterno di un calcolo dentro il quale la responsabilità, in certo senso, sparisce.
E allora: qual è il rapporto fra il manager e il sapere? Che cosa siamo tenuti a sapere per fare le nostre scelte di tutti i giorni? Aleggia limpressione che se dovessimo avere a che fare con tutta la complessità delle conoscenze dei nostri giorni, saremmo come paralizzati.
La Scienza |
Tuttavia: si può continuare a trattare la scienza --come è stata trattata molte volte-- come una specie di scatola nera? Che cosa succede dentro non cinteressava, sapevamo che qualcuno ci mette qualcosa, vedevamo che cosa ne esce a valle e poi procedevamo.
Al contrario, a me sembra che dalla giornata doggi emerga uno stimolo a dire: «No, noi dobbiamo essere partecipi e consapevoli di come avvengono certi processi, perché senza una loro conoscenza, che tra laltro postula linterdisciplinarità e quindi una visione dinsieme, il "managing" diventa veramente difficile».
...responsabile... il Capitale? |
E del resto, se la responsabilità non spettasse al manager, a chi spetterebbe dunque? Forse al Capitale? Anche in questo caso la risposta sembra negativa, perché il Capitale interviene sulla realtà in maniera abbastanza cieca: non è tenuto a sapere che cosa succederà quando i manager avranno usato quei soldi per mettere in atto quella particolare innovazione.
In definitiva, abbiamo costruito un
sistema abbastanza perfetto di deresponsabilizzazione |
In definitiva, abbiamo costruito un sistema abbastanza perfetto di deresponsabilizzazione. Abbiamo anche creato unidea di lavoro collettivo, che rompe abbastanza con lidea di responsabilità personale della tradizione classica. Abbiamo costruito il "decision making" dellinnovazione, che è ormai tecnostrutturale e collettivo: i parametri di misura di accertamento della responsabilità li abbiamo fatti svanire attraverso alienanti operazioni di affidamento a calcoli, dietro i quali siamo in grado di trincerarci.
Il "decision making"
dell'innovazione è ormai tecnostrutturale e collettivo: il concetto di "responsabilità" è stato sostanzialmente abolito |
Si potrebbe dire che abbiamo costruito una sorta di darwinismo. Ci siamo sottratti alla responsabilità e ci siamo affidati a un criterio di selezione esterno: quando le automobili non si venderanno più non si faranno più. Questo è teorizzato dal capitalismo come "logica della competizione". Però, secondo me non si è avuto il coraggio di teorizzare anche che il concetto di responsabilità (concetto che le società come modo di organizzazione del potere avevano sempre rivendicato) è stato sostanzialmente abolito.
Come Fondazione Bassetti abbiamo voluto affrontare questo tema, per esempio stimolati da un settore imprenditoriale come quello tessile che non ha certo conseguenze drammatiche come la bomba atomica o il Talidomide, ma che può introdurre nel costume sociale tanti sottili cambiamenti: introducendo il piumone si cambia comunque il modo di dormire, e introducendo la minigonna si cambia comunque il modo di vivere e di fare tante altre cose.
Dovremmo tener presente che anche quellinnovazione che non è propriamente concentrata sugli ultimi contenuti della tecnologia e della scienza può avere un forte contenuto trasformativo. E dovremmo riflettere sul fatto che non è possibile andare avanti allinfinito illudendosi, come spesso si fa, di non sapere chi ce labbia davvero la responsabilità.
Per qualcuno è comodo dire che ce lhanno i politici. Ma oggi che è stata distrutta la dimensione dello stato nazionale (cosa che mi trova del resto daccordo), non si capisce più se dobbiamo guardare a Berlusconi o a Bush per sapere chi veramente ci condizioni.
Globalizzazione e organizzazione del
potere politico, del potere sul Mercato, del potere finanziario |
Con la Globalizzazione abbiamo disarticolato lorganizzazione del potere politico, abbiamo disarticolato lorganizzazione del Mercato, e quindi del potere sul Mercato, abbiamo disarticolato il potere finanziario, perché la finanza ormai si sottrae a una responsabilità dei suoi investimenti.
La selezione darwiniana può davvero
essere un modello di sviluppo sociale e "misura" dei propri comportamenti? |
In definitiva... ci siamo avvicinati al modo in cui la Natura trasforma il mondo. Ma può davvero funzionare una società che ha scelto la selezione darwiniana come "misura" dei propri comportamenti?
E vero che cè una forte somiglianza tra le idee di darwinismo e funzionamento del Capitalismo. E quando Piero Bassetti ha parlato delle varie responsabilità, in fondo sè fermato soprattutto sul Mercato, non ha avuto dubbi sul fatto che il Mercato abbia una forma di controllo esterno.
In fondo, per fare il parallelo con levoluzione biologica, la selezione naturale è quella che controlla tutto e il Mercato è la forza che esercita un tipo di selezione analogo, perché in fin dei conti è quello che decide se unazienda può proseguire quello che fa oppure se deve cambiare.
Devo dire una cosa, però: la selezione naturale è una forza completamente automatica che si basa su fatti che sono in sostanza la riproduzione e la sopravvivenza dellindividuo, e poi del gruppo in quanto fatto di parecchi individui. E anche il Mercato è completamente automatico, però il Mercato è sempre controllato da noi e quindi è una forza in un certo senso meno universale. In sostanza anche il Mercato, cioè noi che compriamo, può sbagliare.
Senza dubbio, è soggetto a mode e le mode sono comunque meno valide della selezione naturale. La selezione naturale, invece, non sbaglia, perché per continuare la specie bisogna sopravvivere e riprodursi.
Dunque il Mercato ha una forza gigantesca, però senza dubbio non è del tutto oggettivo. La risposta del Mercato di un giorno può essere diversa dalla risposta del Mercato di un altro giorno, e questa in fondo è una limitazione.
Daltra parte il Mercato non considera altri fattori che sono importanti, perché sono fattori che riguardano il collettivo e che qualche volta possono portare il Mercato in direzioni un po diverse.
Talvolta bisognerebbe controllare le direzioni che prende il Mercato, perché potrebbero essere sbagliate. Quando il presidente Hoover ha voluto lasciare il Mercato completamente libero di funzionare, in pratica ha creato la grande depressione.
(...)
Un altro problema che certamente richiederebbe un maggior approccio scientifico è quello dei costi di una tecnologia. Si potevano prevedere in anticipo le ricadute inquinanti dellauto? Si poteva prevedere in anticipo la saturazione non solo del Mercato, ma anche dellambiente, per cui nei giorni di festa le auto rischiano di essere tutte ferme? Il problema è che, a questo punto, muoversi nei puri confini del Mercato è del tutto insufficiente.
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