LA REPUBBLICA, 11 luglio 2001 Fare figli senza il padre Australia, una nuova frontiera della genetica GIOVANNI MARIA PACE --------------------------------------------------------------------- ROMA - Spermatozoi? No, grazie. Una scienziata australiana ha trovato il modo di fecondare ovociti usando materiale genetico proveniente da cellule del corpo, cioè senza ricorrere al seme maschile. La tecnica può aiutare le coppie sterili ad avere figli, ma non c'è chi non veda quali applicazioni - procreatiche, fantascientifiche o da grandguignol - possa incontrare. Se infatti uomini sterili per mancanza assoluta di sperma e persino di cellule progenitrici del seme potranno generare grazie al nuovo metodo, è ipotizzabile il caso di una coppia di lesbiche che generi una bambina senza padre (ma non un bambino, in quanto le donne non possiedono l'informazione genetica necessaria a produrre maschi). O si può immaginare una autoriproduzione al maschile più naturale, si fa per dire, della clonazione in quanto derivante dalla combinazione dei cromosomi di due partner diversi. Orly LachamKaplan - questo il nome della ricercatrice - e il suo gruppo alla Monash University di Melbourne sono dunque riusciti a fertilizzare uova di topo coltivate in vitro con cellule somatiche, una impresa mai finora compiuta perché le cellule del corpo contengono due set di cromosomi mentre i gameti (uova e spermatozoi) uno solo. Il nocciolo della questione è appunto il numero dei cromosomi. Se prendiamo una cellula del corpo, poniamo del fegato, vediamo che si divide per mitosi, cioè si scinde in due cellule anch'esse con 46 cromosomi. Ma se si riesce nella divisione a eliminare un set di cromosomi, si ottiene una cellula con 23 «bastoncini colorati», tanti quanti ne possiedono l'ovulo e lo spermatozoo. La cellula «dimezzata» è così in grado di intervenire nei processi riproduttivi: si può inserire in un ovulo al posto del nucleo oppure inserirla in un ovulo per stimolarlo a dividersi, nel qual caso diventa un surrogato del gamete corrispondente. Per liberarsi del set indesiderato di cromosomi gli scienziati australiani hanno usato un espediente chimico, imitando in sostanza il processo naturale che ha luogo durante la fecondazione, quando i due blocchi di materiale genetico dell'ovocita si separano e uno viene espulso, lasciando il rimanente a combinarsi con l'unico set dello spermatozoo. L'esperimento è avvenuto, come si diceva, in vitro, e non è detto che gli embrioni così formati diano luogo a una gravidanza, una volta trasferiti nell'utero di una madre portatrice. Per sapere se questo avverrà, bisognerà aspettare, dice la dottoressa LachamKaplan, i prossimi seiotto mesi. A quel punto si saprà se la tecnica potrà avere applicazioni cliniche o rimarrà nel campo della ricerca sperimentale, un po' come sta avvenendo per la clonazione che, al di là delle implicazioni bioetiche, presenta problemi tecnici tali da renderla difficilmente praticabile. Anche la clonazione è un modo di produrre individui facendo a meno degli spermatozoi. Ma nella tecnica usata per Dolly la pecora è lo stesso patrimonio genetico che si riproduce e continua a riprodursi, mentre nel metodo nosperm c'è la fusione di due patrimoni genetici, c'è generazione di figli provenienti da due Dna diversi, pur senza passare dagli spermatozoi. Altre varianti tutte da esplorare riguardano la partenogenesi, un modo di riprodursi diffuso nel mondo animale. Ci sono inoltre animali che usano la partenogenesi, o riproduzione senza fecondazione, in determinate condizioni ambientali, mentre in altre si riproducono per ginogenesi: lo spermatozoo stimola la divisione della cellula ma non partecipa alla formazione del patrimonio ereditario, ovvero non conferisce Dna. La Monash University è una reputata istituzione, che fino agli anni Ottanta era all'avanguardia nelle tecniche di riproduzione assistita. E' nei suoi laboratori che vennero compiuti alcuni degli exploit che hanno cambiato il modo di fare figli, e nelle sue aule che hanno insegnato Carl Wood e Alan Trounson, pionieri della Fivet, la fecondazione in vitro. Al Queen Victoria Medical Center di Melbourne, come dire il braccio clinico della Monash, rimasero a lungo depositati i primi embrioni orfani di cui si è avuta notizia nel mondo, gli embrioni Rios, depositati nei contenitori ad azoto liquido da una coppia di miliardari poi periti in un incidente aereo e a loro volta eredi di una cospicua fortuna. Il clamore del caso e altri episodi che sollevavano questioni bioetiche non indifferenti contribuirono più tardi a suscitare in Australia una legislazione molto restrittiva, che di fatto ostacolò la ricerca scientifica nel campo della riproduzione umana facendo tornare nei ranghi i «signori della provetta». Le ricerche d'avanguardia lasciarono il posto alla routine, o quasi. Ora i suoi ricercatori tornano ad avere visibilità in un campo in cui molte cose ancora non si sanno. Si ignora per esempio se entrambi i set di cromosomi non siano per avventura necessari per portare a compimento la gravidanza Le ricerche della dottoressa LachamKaplan appartengono alla sfera della sperimentalità estrema.