30.11.05

Ottavio Missoni: un cinquantennio di vita a zig-zag

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Vi racconto la mia storia, ma da dove devo incominciare? A raccontare di se stessi ci sono sempre pudori, io preferirei raccontare la storia di altri!

Tanto per iniziare devo dire che non ho nessuna parentela né con il mondo dell'industria né con quello della moda, nel senso che non ho fatto studi specifici, anzi, per la verità io di studi non ne ho fatto nessuno! E' vero! Anche perché mia mamma a scuola non mi mandava, perché lei era convinta che a svegliarmi così presto alla mattina sarei diventato nervoso.
E mia moglie mi dice "Ma a tua mamma non le è riuscito tanto bene!" e io le rispondo "Non sai quanto più nervoso sarei potuto essere se mi fossi alzato presto al mattino!".
Così nasce questa favola della mia pigrizia e del mio dormire sempre. E io pigro - questo devo confessarlo - sono sempre stato, anche perché nasco sulla Costa dalmata e da quelle parti era un fatto naturale per tutti.

Mia mamma mi lasciava dormire, è vero, però - da sveglio - sono arrivato alle Olimpiadi di Londra! Gran parte della mia giovinezza l'ho dedicata allo sport: da ragazzo ero svelto a correre. Chi arrivava primo? Arrivavo sempre io! A 16 anni, nel 1937, all'Arena di Milano io ho battuto gli Americani facendo un tempo di 48 secondi e 8 decimi sui 400 metri piani: non si può parlare di primato, ma si può dire che ancora oggi è la migliore prestazione italiana per un sedicenne.
Sempre nello stesso anno, a Parigi, ho battuto i Francesi. E anche lì ho vestito la maglia azzurra e a tutt'oggi sarei la più giovane maglia azzurra di atletica. Sono sul Guinness dei Primati insieme a un giapponese che ha mangiato 50 cocomeri!
Nel 1939, ero già più anziano, avevo 18 anni, ho vinto il titolo mondiale studentesco.
Poi c'è stata la guerra che io ho combattuto - combattuto si fa per dire - sul fronte di El Alamein e gli inglesi mi hanno fatto prigioniero: 4 anni in Egitto. E io amo dire che sono stato ospite di Sua Maestà Britannica.
Mi chiedono spesso com'era la prigionia: tutto sommato non era male, gli inglesi erano abbastanza corretti, ma quattro anni non sono pochi. Ma essendo i miei passatempi preferiti il dormire - come sapete! - e la lettura io là avevo tutto il tempo da dedicare ai miei passatempi, soprattutto alla lettura.
E la lettura ve la raccomando. Io ho sempre pensato alla lettura come un fatto miracoloso, non solo durante la prigionia, ma in qualunque momento. Con pochi euro posso passare una serata - dico un nome a caso, ma mica tanto a caso - con il signor Voltaire. Io trovo che sia miracoloso!
Anche la prigionia di per sé può essere maestra di vita, tutto si somma alle esperienze. E devo dire che è un'esperienza particolare soprattutto per il rapporto con il prossimo: nella prigionia non ci sono trucchi, quattro anni gomito a gomito con gli altri, non ci possono essere trucchi...

Io torno in Italia alla fine del 1946. Il nostro campo era il 305 ed era il campo dei co-belligeranti e fu l'ultimo ad essere smobilitato. La guerra era già finita da tempo, ma all'epoca non c'erano le crociere Costa, man mano gli inglesi ci imbarcavano dall'Australia, dal Sudafrica, dall'India. A noi per ultimi.
Ma cosa vuol dire che eravamo co-belligeranti? In Italia all'epoca succedevano tante cose e noi eravamo prigionieri, ma le notizie arrivavano e si sapeva che avevamo cambiato alleato, come spesso accade nella storia. Un giorno che come al solito eravamo sotto la tenda a dormire arriva uno che ci dà l'annuncio: "I nostri avanzano" e il mio amico Archetti che dormiva vicino a me si alza e fa: "Chi sono i nostri"? Hai capito? Io devo confessare una cosa: questo accadeva nel 1943-44, ma io ancora oggi non ho capito bene chi sono i nostri!
Comunque ci arriva un invito del signor Badoglio e lui ci invita a co-belligerare: eravamo allora nel campo 309 ed eravamo circa 10 mila, 550 non hanno firmato e fra quei 500 c'ero anch'io. Un tenente mi chiamò per sapere il motivo per cui non avevo firmato: lui era maltese e parlava molto bene italiano. Io gli ho detto "Senti, l'invito è di Badoglio, ma la firma è per Sua Maestà Britannica e io voglio sapere prima di firmare che vantaggio ne avrò". E lui mi ha risposto: "Potrai lavorare!". Ed è lì che ha sbagliato! E io gli avrei risposto - ma la risposta buona viene in mente sempre mezz'ora dopo -: "Ci vuole ben altro che Sua Maestà Britannica per farmi lavorare!". Questa storia del lavoro l'ho trovata tante volte nella mia vita!

Tornato in Italia nel settembre del 1946 ripresi piano piano l'attività sportiva e sorprendentemente dopo 5 anni di inattività agonistica nel 1948 ero finalista all'olimpiadi di Londra nella 400 metri ad ostacoli.
In Italia ritrovai la mia famiglia a Trieste: io ero uno dei 460 mila profughi o esuli in patria della Venezia Giulia e della Dalmazia, uno dei 16 mila di Zara. Non erano tempi facili quelli dopo la guerra: le lire proprio non c'erano, non si vedevano mai. Ogni tanto ci si informava "Ma le lire ci sono?". "Sì, ci sono!". "Ma tu le hai viste?". "No", ma c'era qualcuno con un amico che le aveva viste!
In quel periodo trovo un mio amico di Zara che era all'Ufficio Emigrazione e mi chiede che cosa faccio: "Eh, che cosa faccio... Son tornato un mese fa dall'Egitto" e lui mi dice: "Dato che sei esule e ex prigioniero, io ti posso mettere nelle liste preferenziali e tu entro tre mesi puoi partire". "E dove vado?". "Puoi scegliere: Canada o Australia".
Io il Canada per il freddo l'ho cancellato subito, l'Australia non era male come idea: bel paese, belle spiagge, belle ragazze, sole anche d'inverno, l'Australia poteva anche andare. E gli chiedo: "Ma in Australia che cosa vado a fare?". Lo sapete che cosa mi ha risposto? "Vai a lavorare!".
Ma come, voleva farmi fare miglia e miglia per mandarmi a lavorare! Beh, allora ho preferito stare qua, anche perché stavo in una bella zona: allora facevo la spola tra Milano e Trieste, che secondo me sono i 450 km più belli in assoluto del mondo. E non mi preoccupavo perché mi ero documentato e storicamente non risultava che in quest'area c'era mai stato un morto di fame. E allora mi sono detto "Non sarò mica il primo mona che morirà di fame!", poi mi è venuto un sospetto perché ho sentito di qualche ammalato di pellagra nel rovighese, però morti di fame niente! Così mi sono tranquillizzato e sono rimasto qua!

Poi mi sono improvvisato - e si fa per dire - notissimo stilista del mondo della moda!
Qualcuno si stupisce che si possa essere bravi in due settori così diversi, ma dal mondo dello sport ho ereditato due cose: il rispetto dell'avversario e poi quella molla agonistica che scatta al momento della partenza.
Ma come vi ho detto sono pigro: e allora dov'è questa spinta agonistica? Non lo so, ma al momento della partenza, al colpo di pistola avveniva in me il prodigio del risveglio e ho avuto il sospetto che la stessa cosa accadesse più tardi nel mio lavoro. E sono abbastanza presuntuoso da dirvi che se invece di fare maglie il mio destino mi avesse portato ad allevare polli, avrei portato sul mercato le uova migliori e i polli sarebbero stati tutti colorati da fare invidia ai pappagalli!

Ma torniamo alla maglia: tutto nasce a Trieste con un incontro puramente casuale con una macchina di maglieria. Ho un amico che si chiama Giorgio Oberweger, il nostro commissario tecnico, che aveva a Trieste una mamma e una zia e proprio questa zia aveva una macchina da maglieria. Io ho visto questa macchina a mano che mi ha affascinato e abbiamo comprato un'altro paio di macchine da maglieria e abbiamo fatto società con Giorgio. Eravamo due presidenti e la zia, ma il problema era: chi lavorava? Allora abbiamo assunto suo cugino per farlo lavorare.
All'epoca facevamo indumenti sportivi e le tute che erano belle, innovative anche funzionali e avevamo vestito le nazionali di calcio, pallacanestro e atletica leggera per l'Olimpiade di Londra. Una l'ho indossata anch'io.

A Londra ho conosciuto la mia attuale sposa, la Rosita, che aveva 16 anni. Mi ha visto correre la finale e ci siamo sposati nel 1953.
Siccome a Trieste all'epoca era più facile varare una nave che fare una maglia e mia moglie è di queste parti, di Golasecca, mi sono trasferito a Gallarate per fare le maglie. Insomma, ho fatto società con la Rosita, ma per me non è cambiato niente: io sempre presidente e la Rosita che lavorava!

Nel 1953 nasce quella che tuttora è la nostra attività e dico "nostra" perché anche in seguito si parlerà sempre de "I Missoni".
A Gallarate, sopra si abitava e sotto si lavorava con una ventina di dipendenti. Non è facile adesso ricostruire i fattori che hanno portato al successo, anche perché questo successo non ha mia avuto un programma, non è mai stato preventivato.
Ci siamo trovati casualmente questo mestiere tra le mani, un mestiere che ci siamo inventati giorno per giorno. Un mestiere che tra l'altro non saprei neanche definire: ci sono tante componenti, artigiani che lavorano la maglia, creatori di moda, sono tante cose insieme...di certo un mestiere che abbiamo creato noi ogni giorno.
Parlando col senno del poi, forse alla base del successo c'era una disponibilità totale ad affrontare i problemi, qualcosa che rompeva con quelli che erano gli schemi codificati, tradizionali, una libertà mentale, forse anche un po' anarcoide, contro le regole.
Ci siamo avvicinati al problema moda semplicemente con la mente sgombra di pregiudizi, avvicinandosi all'abito come a un oggetto qualsiasi, prescindendo dalla moda e partendo, come si fa per ogni altro oggetto industriale, dalla ricerca sulla materia e, nel nostro caso, anche sul colore.
Chiaramente la maglia esiste da sempre, noi semplicemente abbiamo rotto certi schemi, l'abbiamo un po' stravolta e come ha scritto qualcuno "ne abbiamo fatto di tutti i colori"!

L'arte del tessere è antichissima e sono sempre stato affascinato da queste arti primitive e popolari. E a questo proposito vi racconto un piccola storiella: una volta ero a Venezia con un gruppo di architetti e c'era anche Marco Zanuso che mi passa una penna perché dovevo prendere degli appunti e io riconosco che questa penna era disegnata da lui e gli faccio i complimenti. E lui mi dice "Guarda, questa penna l'ho disegnata vent'anni fa e me l'hanno copiata tutti". E io gli ho riposto: "Ma lo dici a me che è da tremila anni che sulla fascia delle Ande mi copiano!".

All'inizio eravamo diventati famosi per le righe e con le righe abbiamo fatto tutte le acrobazie possibili: la verità è che in quel periodo avevamo delle macchine molto semplici che potevano fare solo righe, poi naturalmente le righe potevano essere verticali, orizzontali, abbiamo tirato anche la riga in diagonale. Poi avevamo delle macchine che potevano fare lo zig-zag, allora siamo stati quelli dello zig-zag, poi ci sono state macchine che potevano fare contemporaneamente righe orizzontali e verticali e così abbiamo fatto lo scozzese.
Poi, parecchi anni dopo, abbiamo messo insieme tutto, righe diagonali, orizzontali, verticali, scozzese, qualche stampato, tutto insieme e abbiamo presentato una collezione a Firenze di grandissimo successo. Era una nuova interpretazione grafica di vestire la donna e l'uomo, ma devo dire che me la ricordo ancora, era proprio bella. I modelli formavano un mosaico di multipli pezzi che si accavallavano, nei multipli colori e nelle multipli lavorazioni. Gli Americani l'hanno battezzato il "put together", il "metti insieme".
E' stato un fatto di moda, un momento di rottura degli schemi tradizionali. Ma anche il "put together" era una pratica antichissima, basti pensare ai giapponesi che si vestono con una grafica precisa, con intonazioni raffinatissime, disegni diversissimi, ed era un genere adottato da sempre dai pastori praticamente in tutto il mondo e devo dire con grandi risultati estetici.
Però in tempi recenti siamo stati i primi a codificare questo modo di vestire ed è in quel periodo che si concretizza quella che potremmo chiamare la filosofia del nostro lavoro: proporre un tipo di abbigliamento fuori da certe regole e consuetudini, qualcosa di meno legato a canoni precisi, qualcosa che potesse lasciare spazio alla fantasia. Questo succedeva nella primavera del 1970.

Abbiamo iniziato nel 1953, ora siamo nel 2005, è una storia abbastanza lunga che io amo definire un "cinquantenario di vita a zig-zag".


by Valentina Porcellana on 30.11.05 at 19:13 | Permalink |

29.11.05

Introduzione al corso, presentazione della FGB e della sua mission a cura di Piero Bassetti

Sono particolarmente contento di essere qui in rappresentanza della Fondazione Bassetti, poiché la Fondazione Giannino Bassetti si pone come mission la sensibilizzazione degli imprenditori e di chi prosegue la loro opera nelle generazioni a seguire.

All'articolo 2 dello Statuto della Fondazione infatti si legge: "La Fondazione ha per scopo lo studio dell'innovazione nell'attività imprenditoriale, con particolare attenzione all'influenza dei nuovi modi di produrre sulle condizioni sociali ed economiche, etiche e politiche della convivenza umana".

Inoltre, la Fondazione si rivolge anche a comunicatori, ed enti culturali e di ricerca e policy-makers, sensibilizzarli rispetto ai temi dell'innovazione e della sua responsabilità, e per incentivare una politica culturale dell'innovazione responsabile.
In sintesi, la Fondazione si propone di promuovere la sensibilità sull'innovazione e sulla sua responsabilità, sia come osservatorio, sia come struttura di riflessione, e, in questo contesto formativo, come matrice e deposito di un "saputo" su innovazione e responsabilità.

Se c'è un problema riconosciuto del nostro Paese oggi è quello dell'innovazione. La FGB ha cominciato a occuparsi di innovazione dieci anni fa, quando nessuno la tematizzava. Partendo dalla volontà di un imprenditore dell'alto milanese, mio zio Giannino, la cui biografia è in bibliografia d'esame, in un momento in cui non c'era questa sensibilità. Partendo dal testamento morale di Giannino Bassetti, noi tematizziamo non solo la creatività nell'innovazione, ma anche e soprattutto la dimensione della sua responsabilità.

Ora la vostra Università, fondata nel 1991, è l'emblema vivente della sua connessione con i distretti industriali dell'Alto Milanese e del Varesotto: la sede occupa l'antico cotonificio Cantoni (proprietà del gruppo Montedison) combinando memoria storica e archeologia industriale. Riteniamo che l'Università sia un luogo adatto per affrontare questi temi, in particolare nel contesto di Castellanza, la cui popolazione universitaria è in stretto contatto con l'imprenditorialità locale.

Castellanza è storicamente legata a una presenza industriale diffusa e massiccia, non sempre esempio di responsabilità nell'innovazione, né di uno sforzo creativo che favorisse l'innovazione poiesis intensive su quella science intensive (su questi due termini mi soffermerò a lungo oggi). Per anticipare un esempio, a Castellanza si colloca già negli anni Venti la Chimica Ligure, con la sua produzione di acido solforico, acido cianidrico e bachelite, poi la Montecatini e, a partire dal 1952, un primo piccolo gruppo di ricerca che produce le prime resine poliestere d'Europa, con cui si facevano le carenature della Lambretta, le barche, pezzi di case prefabbricate, poi le prime Roulottes. Si tratta di una produzione sicuramente innovativa ma certo senza riflessione sugli aspetti di responsabilità, in primis rispetto alla salute degli operai, che infatti a partire dagli anni Cinquanta e fino agli smantellamenti della Montedison negli anni Ottanta organizzano Gruppi di studio, scioperi, Consigli di Fabbrica, pubblicazioni e ricerche di medicina del lavoro (la rivista Sapere, Medicina Democratica, arrivando anche a interessarsi di documentare il vicino caso di Seveso). Castellanza è stata a lungo associata, negli anni, a questo conflitto sociale, che sfocia nei primi anni Settanta nella bonifica della fabbrica Montedison e nell'incappucciamento dei suoi camini che non inquinano più il territorio.

Di contro a questo tipo di vicende dividenti, il connubio tra noi e la LIUC deriva dalla preoccupazione di questa Università di valorizzare la funzione imprenditoriale innovativa, in special modo della piccola e media impresa che sia capace di mantenere il territorio vitale e vivibile.

Sia alla FGB che alla LIUC preme di far comprendere ai giovani imprenditori e agli eredi delle piccole e medie imprese locali il valore della funzione imprenditoriale innovativa e responsabile, e responsabile grazie anche al fatto di essere creativa, perché non la abbandonino a favore di altre forme di investimento meno sostenibile e più lontano dal territorio. Come FGB noi crediamo nell'innovazione e nel fatto che la funzione innovativa venga esercitata responsabilmente. Per questo investiamo sulla sensibilizzazione all'innovazione come valore.


Ora, se vi chiedessi cos'è l'innovazione, cosa rispondereste? In particolare, cosa ha a che fare con la creatività e che senso ha interrogarsi sulla sua responsabilità?

Su questo tema la Fondazione Bassetti ha molto lavorato. E la conclusione a cui siamo giunti è che la più corretta definizione di innovazione è la realizzazione dell'improbabile. L'innovazione è cioè quell'accadimento nel quale un fatto improbabile viene reso reale dall'incontro di un nuovo sapere con un potere capace di realizzarlo.

L'innovazione è allo stesso tempo rischio e opportunità, qualcosa che cambia il mondo che ci circonda, ma lo cambia in direzioni intrinsecamente imprevedibili. E l'imprevedibile può realizzarsi sia sul piano politico-sociale (nuove istituzioni, nuovi modalità di relazioni, di produzione, di guerra, nuovi poteri), sia su quello tecnico-economico (nuovi materiali, nuove energie, nuovi strumenti, nuove categorie di beni), sia su quello estetico culturale (nuovi stili, mode, gusti, atteggiamenti).

Un aspetto importante dell'innovazione per come la intendiamo noi è il fatto che essa è distinta dalla scoperta e dall'invenzione. L'innovazione non è solo legata ai risultati della ricerca scientifica, ma anche alla creatività estetica e pratica e alla capacità di combinare, in modo nuovo e accettato dal mercato, elementi in larga parte già esistenti, ma incrementati nei contenuti di funzionalità ed estetica. In altre parole, l'innovazione non è solo scienza ma anche creatività, non solo nanotecnologia, OGM o microchips ma anche minigonne, piumoni, capi colorati.

La creatività è un nuovo modo di comporre i gusti, le leggi del piacere e del gradimento. Purtroppo questa dote non viene apprezzata e valorizzata nel sapere diffuso, che preferisce il sapere dei premi Nobel, e rispetta di più uno scienziato di un imprenditore innovativo.

In questo corso vi presenteremo persone in carne ed ossa che porteranno la loro testimonianza di imprenditori innovativi, da Missoni, che ha inventato la fusione dei colori nei capi di vestiario, a Gismondi le cui lampade sono un incrocio di gusto e tecnologia, a imprenditori che eccellono nella cosiddetta creatività strumentale (Messina, Pedrollo), sapendo incrociare efficienza, economicità, funzionalità e sostenibilità. Con Fastweb poi vedremo in atto un nuovo modo di porre i rapporti comunitari attraverso la cablatura delle città.
Sono tutto esempi di innovazione che sanno conciliare l'anima razionale con l'anima emozionale (vedi Stefania Saviolo- Salvo Testa, Le imprese del sistema moda:il management al servizio della creatività, ed. ETAS, 2000)

Questo tipo di innovazione si sviluppa, più spesso che non, al di fuori di procedure ad alta intensità di scienza e capitale (science and capital intensive) e fa invece riferimento a caratteristiche individuali quali l'intuito, il gusto, la forza personale di trascinamento e di persuasione dell'imprenditore coinvolto (poiesis intensive). Là dove l'innovazione agisce non solo a livello materiale ed economico ma anche, anzi più, sulla percezione della realtà, allora si può parlare di innovazione poiesis intensive, o poiesis driven.
Poieo è il verbo del fare e poiesis è "cosa fatta" o il "frutto del fare". I filosofi contemporanei collegano la parola al concetto del fare, del realizzare, e anche del produrre, con una stretta connessione al realizzare creativo.

Dunque, un apporto innovativo non è solo quello, per esempio, dei fisici quantisti, dei nanotecnologi o degli inventori di espedienti tecnologici, ma è anche il sapere di un designer che introduce elementi di estetica in prodotti che altrimenti ne sarebbero stati privi; cioè di tutto quel mondo della creazione poietica (dal verbo greco da cui deriva poesia) nel quale, appunto, l'aggiunta di un nuovo contenuto poietico si rivela fonte di innovazione. Una innovazione della quale, del resto, vive gran parte del Made in Italy.

Se io chiedessi a voi: secondo voi l'impresa è responsabile dell'evoluzione del mondo? Quale risposta dareste?

A differenza della scoperta, che è "disvelamento", "rinvenimento", l'innovazione è sempre un "accadimento": chi innova "fa accadere", fa succedere dei fatti, e i fatti mutano la realtà.

La portata dell'innovazione si misura quindi per la sua diffusione nella società e il suo impatto con la vita quotidiana, implicando quindi la responsabilità dell'operato. Ogni qualvolta una nuova conoscenza, sia essa una formula scientifica o pittorica, si incontra con la sua realizzazione, cioè la sua incarnazione nella storia, allora lì c'è una innovazione. C'è, cioè, un cambiamento della storia frutto dell'uso congiunto della conoscenza e del potere di inverarla. Non c'è infatti crescita di innovazione quando c'è solo una scoperta.

Tra la conoscenza pura e l'innovazione c'è sempre di mezzo il rapporto con il potere. In altri termini perché gli uomini possano di più, non basta che sappiano di più. In altri termini, quando si parla di innovazioni produttive, siano esse industriali, commerciali, di servizi, ciò che alla fine conta e decide è il capitale. Solo con qualcuno che ha il potere e cioè i soldi, una nuova scoperta, o anche solo una nuova tecnologia, possono essere inverate.

Se, come dicevamo, l'innovazione, intesa nel suo preciso significato, è qualcosa che si ha solo quando all'accrescimento di sapere si aggiunge e si combina una aggiunta di tecnologia e del potere attuativo proprio del capitale, o del potere politico, allora diventa chiaro che i meriti, ma anche le responsabilità, non sono tanto dei ricercatori quanto dell'imprenditore o del politico, cioè di coloro che concretamente dispongono la combinazione dei fattori coinvolti e che dovrebbero sapere quello che stanno facendo con le relative conseguenze. Dovremmo quindi ripensare l'innovazione come esercizio di responsabilità che fa dell'imprenditore un soggetto storico e politico.

Con questo corso ci si propone di sviluppare in voi giovani che vi accingete ad assumere un ruolo di futura classe dirigente nell'industria, nei servizi e nelle libere professioni, una nuova consapevolezza della propria responsabilità di imprenditori-innovatori, anche come irripetibile opportunità per sviluppare le vostre idee e la vostra personalità, incidendo sulla realtà che vi circonda.

Chiediamoci quindi: chi indirizza l'innovazione? Chi la gestisce? Chi ne ha la responsabilità?

Abbiamo detto che l'innovazione è realizzazione dell'improbabile, dunque sapere ex ante quali saranno le conseguenze delle scelte fatte è spesso tutt'altro che facile: dove c'è l'improbabile lì c'è sempre incertezza e quindi rischio. E poche cose sono più difficili da finalizzare e gestire, del rischio.

La responsabilità dei nuovi accadimenti non può essere attribuita al Mercato, che non è in grado di esercitare un controllo politicamente responsabile, ma non mi sentirei ancora di dire che è stata attribuita ufficialmente ai manager. Infatti ai manager viene invece chiesto di operare all'interno di un calcolo dentro il quale la responsabilità, in un certo senso, sparisce.

Noi oggi chiediamo che nella nostra civiltà la mediazione storico-culturale sia fatta dai manager e questo, secondo me, è un fatto importante, perché fino a poco tempo fa era fatta dai Principi. Ciò significa che la responsabilità del fare accadere le trasformazioni - che non è solo affidata ai geni, ma è affidata soprattutto al nostro libero arbitrio - oggi è affidata ai manager. E di questo, secondo me, i manager non sono sempre consapevoli.

D'altro canto l'opinione diffusa in materia va anche più in là: per il grande pubblico e sopratutto fra i politici, è radicata la convinzione che non sia affatto bene che tra i compiti e le responsabilità dell'impresa si includa la partecipazione nel definire le direzioni evolutive di una determinata società, ritenendosi tale compito di competenza delle istituzioni politiche.
C'è infatti oggi una crescente tendenza cultural-politica - confusamente connessa agli incipienti problemi della globalizzazione - che, proponendosi di sostituire quanto più possibile la governance al government dei fatti economici, punta a legare il comportamento dell'impresa alle regole di un mercato i cui parametri specifici devono essere calcolati rigorosamente all'interno dell'ambito economico. E' chiaro che per chi ragiona così, considerazioni "finalistiche", e quindi indirettamente politiche, non debbono far parte del calcolo di impresa, per restare competenza del Principe.

In definitiva, abbiamo costruito un sistema quasi perfetto di de-responsabilizzazione. Non si è avuto il coraggio di teorizzare che il concetto di responsabilità - concetto che le società come modo di organizzazione del potere avevano sempre rivendicato - è stato sostanzialmente abolito. Noi ci siamo infatti abituati a vivere in un mondo di soggetti economici e istituzionali tra i quali sono state portate avanti con successo due operazioni culturali fortemente riduzioniste in termini di responsabilità e che hanno prodotto questi importanti risultati:
1) due soggetti economici - quello micro (l'impresa) e quello macro (il mercato) - sono stati deresponsabilizzati trasformandoli da soggetti, in qualche modo politici, in meccanismi come tali apolitici;
2) i parametri di valore assunti per entrambi i contesti sono stati sempre più allontanati da quelli che incorporavano sensibilità meta-economiche o ecologiche.

Il sistema ha creato un filtro di irresponsabilità. Si dice abitualmente che è il Mercato a essere responsabile, perché è sul Mercato che si misura il consenso rispetto a un'innovazione.
Ma la proposta dell'innovazione non è fatta dal Mercato; il Mercato giudica solo il gradimento di un'innovazione. Se voi considerate ogni innovazione che abbia un certo rilievo, la vera responsabilità storico-culturale è presa da chi la propone. In altre parole, nell'introduzione di novità (di modelli, processi produttivi, strategie di marketing) io introduco l'elemento di responsabilità.

Come muoversi dunque concretamente?

Chiedere all'impresa comportamenti più in linea con le preoccupazioni che ci stanno a cuore è possibile solo alla precisa condizione che non si pensi di staccarla dal contesto delle sue possibilità e convenienze. L'impresa non può, infatti, prescindere dall'ambito del perseguimento di un profitto. Il mercato non potrà mai mutare i suoi meccanismi e veder mutare i calcoli di chi in esso opera domandando, senza che nello stesso tempo mutino comportamenti e calcolo di chi in esso opera offrendo.

Né può un'impresa, grande o piccola che sia, diventare parte organica di un mondo che si avvia a diventare diverso - che va, cioè, verso un evoluzione compatibile con l'etica della sopravvivenza - senza, in pari tempo, modificare il proprio sistema di motivazioni, il proprio modo di rapportarsi con quelle degli altri, l'intero sistema di rapporti che la legano ai soggetti con i quali vuole essere collegata, appunto organicamente.

Almeno tre sono le grandi famiglie di operatori - i sottosistemi - i cui comportamenti, sotto la sfida planetaria, dovranno mutare, e mutare in stretto rapporto fra loro: insieme ai consumatori e ai produttori, i governanti.
Il punto di intersezione tra questi tre agenti è l'innovazione. L'innovazione come processo imprenditoriale nel corso del quale, nel crogiuolo dell'impresa, si combinano gli apporti dei nuovi saperi - in primo luogo quello scientifico e tecnologico - con il capitale e il lavoro, ponendo in atto nuove tecniche di trasformazione della natura, ma anche nuovi fini e nuovi modi di vita.

Certo un'innovazione, così assunta, postula consapevolezze e responsabilità alquanto diverse da quelle tradizionalmente presenti nella diffusa cultura d'impresa. Chi gestisce l'impresa è chiamato a prendere coscienza della duplicità nella quale, già oggi, è immersa l'impresa innovativa. Una duplicità che spesso essa non sfrutta. Questa duplicità le consente potenzialmente di essere sia soggetto economico, nei confronti del mercato, sia soggetto politico. L'impresa esercita un potere politico ogni volta che opera nel campo dell'innovazione, anziché limitarsi a combinare fattori produttivi secondo le regole economiche di un calcolo di mercato staticamente inteso.
L'imprenditore moderno, anche piccolo, per ottimizzare il risultato di valore o di profitto, non organizza solo fattori di produzione esistenti, entro i parametri già dati dal mercato ma, praticando l'innovazione, li cambia e li modifica. Proprio qui si esercita la sua responsabilità politica.


In conclusione, se siamo d'accordo che l'impresa ha un ruolo storico e politico, l'obiettivo delle nostre sessioni è di sollecitarvi a chiedervi: ne siete coscienti? Vi rendete conto del valore dell'innovazione? Del fatto che è un valore non solo economicistico, ma politico, storico, e morale? Che riguarda le finalità e il futuro di tutta la società?

Ne deriva che anche sul terreno delle soluzioni innovative, e delle relative dinamiche, mercato e policy makers dovranno essere organicamente coinvolti se vogliamo che la sfida della responsabilità dell'innovazione possa essere raccolta. Una impresa più adatta a innovare e a farlo con consapevolezza e responsabilità ha più capacità e probabilità di scegliere di fare la sua parte politica nella società, nella convinzione che le conviene; perché non crede di truffare gli azionisti o gli altri suoi stake holders se affida la sue decisioni innovative a una persona o un gruppo direttivo capace di concepire l'impresa come un soggetto responsabile e non più come un meccanismo alienato; che non coltiva propensioni ecologiche solo nella vita privata dei suoi manager ritenendosi invece autorizzata a inquinare quando imposta un piano di produzione; che cerca invece di essere ecologicamente responsabile per guadagnare di più.

E' ovvio che l'assunzione di responsabilità non può limitarsi alla sola impresa. Ma se riguarderà anche altri soggetti li riguarderà in modo assai diverso: c'è nell'innovazione, per l'impresa innovativa, un ruolo specifico che la deve configurare in un modo nuovo. Ma soprattutto questa nuova impresa avrà saputo coniugare, al suo interno, il calcolo della convenienza aziendale con le dinamiche in cui è immersa. Avrà cioè saputo accettare la sfida a modificare, nel concreto, il suo quadro informativo e culturale, sviluppando un'attenzione prima non richiesta su temi che, proprio per essere legati al mutamento, fatalmente incroceranno le grandi dinamiche delle trasformazioni globali, intervenendo a livello locale.


by Valentina Porcellana on 29.11.05 at 19:15 | Permalink |

27.11.05

L'innovazione creativa di Ottavio Missoni

Nuove dimensioni e nuovi rapporti di colore nell'uso delle tradizionali macchine da maglieria. Questa è l'innovazione creativa di Ottavio e Rosita Missoni, un nuovo modo di comporre le leggi del gradimento.
Ottavio Missoni sarà ospite di Piero Bassetti all'Università Carlo Cattaneo-LIUC di Castellanza lunedì 28 novembre 2005 alle ore 11.30 in aula C112.


OTTAVIO MISSONI

1921
Nasce a Ragusa (Dubrovnik) in Dalmazia da Teresa de Vidovich, contessa di Capocesto e di Ragosniza e dal capitano "de mar" Vittorio, figlio a sua volta di un magistrato friulano trasferitosi in Dalmazia quando era territorio austriaco. Nell'infanzia si trasferisce a Zara, quindi studia a Trieste e a Milano. Per la verità studia pochissimo e si dedica molto allo sport.

1937
A 16 anni, batte sui 400 metri piani, all'Arena di Milano, l'allora recordman del mondo degli 800 l'americano Robinson con il tempo di 48.8 - tempo che a tutt'oggi rimane la miglior prestazione italiana di un sedicenne.
Sempre nel '37 fa parte della Nazionale Italiana di Atletica Leggera e a Parigi, nell'incontro Italia-Francia, batte i francesi sui 400m piani. Ancora oggi rimane il più giovane atleta ad aver indossato la maglia azzurra.

1939
E' campione Italiano assoluto sempre sui 400m piani in 47.8 - all'epoca record europeo nella categoria juniores - e a Vienna, conquista il titolo di Campione Mondiale Studentesco.

1942
C'è la guerra, è militare, e in Africa viene fatto prigioniero dagli inglesi. Resta in Egitto "ospite di Sua Maestà Britannica" per quattro anni.

1946
Verso la fine dell'anno rientra in Italia e vive fra Trieste e Milano. Si interessa di varie cose, anche di pubblicità.
Interrompe completamente gli studi che praticamente non aveva mai cominciati e riprende l'attività sportiva.

1947
A Trieste inizia un'attività di maglieria con l'amico Giorgio Oberweger. In una piccola fabbrica, quattro macchine in tutto, produce tute per allenamento in lana, le 'Venjulia'. Saranno le tute adottate come divisa dalla squadra italiana per le Olimpiadi del '48.
Riprende l'attività agonistica gareggiando per la prestigiosa Società Ginnastica Gallaratese di cui sarà capitano. Per sei anni la 'Gallaratese' vincerà il titolo italiano assoluto di Società.

1948
Con la Nazionale Italiana di Atletica leggera Ottavio partecipa alle Olimpiadi di Londra dove è finalista nella gara dei 400 metri ostacoli.
Rosita Jelmini che ha 16 anni, lo vede correre la finale. Si conoscono in quei giorni e si sposeranno nel 1953. Hanno tre figli Vittorio (1954) Luca (1956) e Angela (1958)

1950
Ottavio è 4° ai Campionati Europei di Atletica Leggera di Bruxelles.

1953
Il 18 aprile Ottavio e Rosita si sposano e si stabiliscono a Gallarate. Nel seminterrato dell'abitazione allestiscono un piccolo laboratorio di maglieria continuando insieme l'attività iniziata da Ottavio a Trieste.

1958
Presentano alla Rinascente la piccola collezione-moda battezzata "Milano-Simpathy". Un abito-camicia a righe coloratissime si impone nelle vetrine di Piazza del Duomo e Brunetta lo raffigura con i suoi tratti immediati e comunicativi per una pagina pubblicitaria sul Corriere della Sera. All'interno di questi abiti è stata cucita da poco un'etichetta 'Missoni'.

1960
I loro abiti cominciano a comparire sulle riviste di moda.

1966
In giugno ottengono il primo grande successo presentando alla stampa, al Teatro Gerolamo di Milano, la loro prima sfilata. E' una collezione di rottura rispetto agli schemi tradizionali dell'uso della maglia.

1967
In aprile sono presenti per la prima volta alle sfilate di Palazzo Pitti a Firenze.
In questo anno Missoni porta la sua collezione anche a Parigi dove ottiene un crescente successo.

1969
Anche gli U.S.A. incominciano ad accorgersi di Missoni, e WWD, il quotidiano considerato un po' il verbo della moda, gli dedica la pagina d'apertura scrivendo "Missoni is leading the pack with one of the wickedest dresses inspired by Art Deco" - Missoni è in testa con uno degli abiti più peccaminosi fra quelli ispirati all'Art Decò.

1970
In aprile rompono ancora gli schemi e presentano a Firenze una collezione di grandissimo successo che gli americani battezzeranno "Put-together", dando il via a una nuova interpretazione grafica nel vestire la donna e anche l'uomo.
Maria Pezzi scrive sul Giorno: "Benché io abbia già illustrato un modello di Missoni è impossibile non riparlare del successo riportato da questa collezione che qualcuno d'autorità ha definito 'una delle più belle d'Europa; personalissima ed attuale con modelli che formano un mosaico di mosaici, nei multipli pezzi, nei multipli colori, nelle multiple lavorazioni, fondendo quel tanto di moderno folclore con uno chic eccezionale ed assolutamente nuovo'".

1972
In aprile Bernadine Morris, in un articolo dedicato ai Missoni, scrive sul New York Times: "They make the best knits in the world. Some say the best clothes in the world - Fanno la miglior maglieria del mondo, qualcuno dice la moda più bella del mondo".
Il Los Angeles Times presenta i Missoni come "The new status symbol of italian design ".
In novembre WWD in un editoriale "Who has Fashion Power" colloca i Missoni tra i venti Fashion Power del mondo.

1973
In settembre, a Dallas, i Missoni ricevono il "Neiman Marcus Fashion Award", il prestigioso premio internazionale per la Moda, l'equivalente dell'Oscar, con la motivazione: "As husband and wife team. Together, they have dared new dimensions and colour relationships in the use of traditional knitting machines so that they are today the most potent force in knitwear for women and men - Marito e moglie insieme hanno osato nuove dimensioni e nuovi rapporti di colore nell'uso delle tradizionali macchine da maglieria, tanto da essere oggi la forza più potente nel campo della maglieria per uomo e per donna".

Il "Patchwork Missoni" si trova da quest'anno al Metropolitan Museum of Art di New York. Altri "Missoni" si trovano al Museum of Fine Arts di Dallas e al Museum of Costume di Bath in Inghilterra.

1974
In primavera "i Missoni" lasciano Firenze e la pedana di Palazzo Pitti. Per poter presentare integralmente la loro collezione scelgono Milano, loro sede naturale. Marie Claire francese dedica alla collezione un servizio di sei pagine con i seguenti titoli: "Art: une leçon de tricot et de couleur... L'inspiration d'un nouveau style".
In autunno Hebe Dorsey sull'International Herald Tribune scrive: "I Missoni fanno qualcosa che solo i grandi designers sanno fare. Hanno stabilito uno stile e su quello lavorano, migliorandolo, anziché cambiar tutto ad ogni stagione".
June Weir e Joan Buck sul WWD, sotto il titolo "Milan: US buyers acclaim the "greatest Missoni ever" scrivono: "Missoni is the reason for coming to Milan. But Rosita and Tai Missoni are no longer just Italian Fashion. They are world leaders - Missoni offre già una buona ragione per venire a Milano. Ma Rosita e Tai Missoni non sono più soltanto moda italiana, sono leaders mondiali".

1975
Vogue America in uno speciale editoriale dal titolo: "The best clothes in the world" annovera i Missoni nel ristretto numero dei designers che più influenzano l'attuale e futuro modo di vestire.
Gianni Mura su Epoca dedica loro un servizio di quattro pagine che si apre con il titolo "Agnelli-Ferrari-Fellini e... i Missoni".

In settembre Renato Cardazzo rende omaggio al lavoro di Missoni allestendogli a Venezia una mostra personale alla Galleria d'Arte "Il Naviglio" in cui espone i suoi tessuti come quadri. Guido Ballo presenta il catalogo con il titolo "Missoni e la macchina mago".

1976
Ottavio Missoni viene proclamato insieme a Gianni Agnelli, Carlo d'Inghilterra e Robert Redford uno dei dieci uomini più eleganti del mondo, dalla Giuria del Comitato Internazionale "The Best".

1977
Enzo Biagi in terza pagina del Corriere della Sera li presenta con il titolo "I personaggi che hanno cambiato qualche cosa in Italia: Ottavio e Rosita Missoni", definendoli "proprio gente come si deve, due provinciali che hanno capito tutto".

1978
In aprile i Missoni presentano la storia dei loro 25 anni di lavoro riassunti in una spettacolare mostra retrospettiva allestita alla Rotonda di Via Besana a Milano. La mostra ottiene uno straordinario successo e a ottobre viene ospitata a New York nel Whitney Museum of American Art che per la prima volta accetta di esporre "Moda" nelle sue prestigiose sale.

1979
Alla collezione per l'autunno/inverno viene decretato un successo senza precedenti. "Sono pezzi da Museo, ma indossateli pure" è il titolo de "Il Giorno" l'articolo è di Maria Pezzi che scrive: ".e poi arrivano i Missoni con il loro meritato travolgente successo e travolgono tutto, formule, calcoli, precisioni, nostalgie. Quando i modelli sono come questi, hanno la forza di commuovere come tutte le opere d'arte" e conclude "certo questa collezione è un "pilone" della nuova moda non solo italiana ma internazionale".
Sul New York Times sotto un titolo a cinque colonne: "Missoni's clothes a hit as Milan showings open - Gli abiti di Missoni: un successo all'apertura delle sfilate di Milano" Bernadine Morris inizia così il suo pezzo: "I Missoni che hanno elevato la maglia a una forma d'arte..." e conclude: "Era giusto che i Missoni avessero portato l'audience ai loro piedi dopo aver trasformato questa città industriale in un centro della moda. Quando avevano deciso di presentare le loro collezioni a Milano, alcuni anni fa, la principale attività della moda era a Firenze o a Roma, adesso arrivano a Milano negozianti da Australia e Giappone facendo di Milano una Mecca europea della moda, seconda solo a Parigi".

Il Comune di Milano conferisce a Ottavio Missoni la "Medaglia d'oro" di Benemerenza Civica per il contributo al prestigio di Milano con la seguente motivazione: "Nella prima giovinezza campione sportivo di chiara fama, rappresentante italiano alle Olimpiadi di Londra e campione del mondo studentesco, si è poi intensamente dedicato al settore della moda in particolare nel campo della maglieria elevata a valore d'arte creando, con la collaborazione della moglie Rosita, una linea assolutamente originale e improntata ad alta qualità stilistica, contribuendo al prestigio di Milano in questo settore tramite una produzione ormai tenuta in grande considerazione nei più importanti mercati d'Europa e d'America".

1981
In marzo a Milano la Galleria del Naviglio allestisce una mostra dei patchwork di Ottavio che Guido Ballo battezza "nuovi arazzi". Renato Cardazzo nel presentare il catalogo scrive: "Missoni non è una fabbrica, non è uno stilista, ma semplicemente un artista". La mostra ottiene un grande successo e a maggio, per l'interessamento di Arnaldo Pomodoro, i "nuovi arazzi" vengono esposti in una mostra personale all'Art Museum University of California" a Berkeley.

In giugno i Missoni sono invitati alla "31st International Design Conference" di Aspen, in Colorado. Per l'occasione una mostra di arazzi viene allestita all'"Aspen Center for the Visual Arts". In seguito mostre di arazzi vengono allestite a Parigi, Monaco, Stoccolma, Trieste, San Francisco e Tokyo.

1983
I Missoni debuttano alla Scala di Milano con i costumi per la "Lucia di Lammermoor". Fatto unico tutti i costumi sono realizzati a Sumirago con materiali esclusivi Missoni.
Enzo Biagi sul Corriere della Sera scrive: "Ottavio continua a correre, è impegnato in una lunga partita, una scommessa che non finisce mai, gli bastano due pezzetti di tessuto di ogni tinta, dei pennarelli, della carta quadrettata, di quella che usano i bambini a scuola, per tradurre la sua fantasia; e Rosita da quelle cose ricaverà indumenti di un inconfondibile stile".
A Novembre Ottavio Missoni riceve il premio San Giusto d'oro conferito dal Gruppo giuliano cronisti di Trieste ai concittadini le cui attività e opere nel campo della cultura, delle scienze e dell'arte abbiano contribuito a far conoscere e apprezzare la città.

1988
Viene eletto Sindaco del Libero Comune di Zara in Esilio; carica che gli
viene tuttora rinnovata (fino al 2006).

In maggio il Presidente della Repubblica Italiana conferisce a Ottavio l'onorificenza di 'Commendatore al Merito della Repubblica Italiana'.

In settembre si inaugura la mostra di arazzi 'L'emozione della materia' al Museo delle arti applicate di Zagabria.

1989
In gennaio la mostra degli arazzi 'L'emozione della materia' è allestita alla Galleria Collegium Artisticum di Sarajevo e in marzo al Museo Civico di Belgrado

1990
In giugno a Milano durante la cerimonia di apertura dei Mondiali di calcio, Missoni presenta una collezione speciale dedicata all'Africa.

In novembre a New York i Missoni ricevono durante l'edizione del 'Gala Italia' uno 'Special Lifetime Achievement Award' "per i molti e grandi successi riportati in campo internazionale per il miglioramento dell'immagine e del prestigio dell'Italia e della Moda".

1991
Gli arazzi di Ottavio sono esposti per la prima volta in Giappone, alla Yurakucho Asahi Gallery di Tokyo.

1992
In febbraio a Monaco di Baviera, ricevono il premio Moda 1992 del ModeWoche, prestigioso riconoscimento "per il loro contributo all'affermarsi della creatività e capacità innovativa della moda italiana. Celebrano l'evento con una sfilata-spettacolo al Prinzregententheater.

Il 10 settembre a Los Angeles, I.Magnin conferisce a Ottavio e Rosita Missoni una "Star on the Designer Walk of Fame" in riconoscimento al loro impegno creativo e contributo nel mondo della moda.

1993
In giugno, Ottavio Missoni viene nominato dal Presidente della Repubblica italiana "Cavaliere al merito del lavoro".

1994
In luglio , in occasione delle sfilate, Pitti Immagine e il Comune di Firenze conferiscono a Ottavio e Rosita Missoni il 'Premio Pitti Immagine' con la seguente motivazione: "Quarant'anni fa Ottavio e Rosita iniziavano un'originale e creativa ricerca nella maglieria: righe, colore, fantasia, invenzione. Nasceva uno stile del tutto inedito che portava estro e arte nella quotidianità del vestire e che il pubblico avrebbe subito imparato ad amare. Unici tra i massimi protagonisti della grande moda internazionale, i Missoni fanno vivere nella maglieria la magia dei colori, la fisicità dei materiali, la tecnica innovativa e raffinata delle trame e degli orditi, il senso profondo della loro cultura. Nel loro lavoro si esprime una straordinaria tradizione di alto artigianato, uno spirito che essi rivendicano con orgoglio e che continua a pervadere armonicamente la loro vita e la loro attività. Pitti Immagine e Firenze sono onorate di riconoscere a Ottavio e Rosita Missoni il premio per una inimitabile carriera".
Per l'occasione Pitti Immagine organizza la mostra 'Missonologia' che si terrà al Ridotto del Teatro della Pergola.
Viene pubblicato da Electa l'omonimo volume, un libro destinato a diventare un documento della storia della moda e del costume italiano di questi ultimi quarant'anni.
In ottobre la mostra 'Missonologia' viene ampliata ed allestita negli spazi del Museo Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.

1995
In giugno la Civica Galleria di Arte Moderna di Gallarate ospita la mostra
'Ottavio e Rosita Missoni Story', un tributo da parte della città dove ebbe inizio la loro attività di successo.

In dicembre la Japanese Nagoya Fashion Association mette in scena una riedizione della 'Missonologia' al Nagoya City Museum.

1996
Una mostra chiamata 'Opera' è creata per il Sezon Museum di Tokyo. Per questo evento, sponsorizzato dal Seibu Department Store, Missoni allestisce uno spazio multidimensionale composto da diciotto stanze, una sorta di percorso sensoriale attraverso le più importanti tappe del loro lavoro e della loro storia.

1997
A Londra vengono insigniti della Laurea Honoris Causa con il titolo 'Honorary Royal Designer for Industry' (HONRDI), un'onorificenza che la Royal Society of Art (RSA) conferisce ogni anno a un limitato numero di designers nel mondo con la seguente motivazione: "Negli ultimi quarant'anni il nome Missoni è stato sinonimo di design di tessuti di maglia. Il loro stile inconfondibile è riconosciuto e copiato in tutto il mondo ed essi hanno ottenuto un immenso seguito per il modo unico di usare colori e motivi".

1998
In settembre i Missoni ricevono il riconoscimento 'The Individualists' durante il 15° Gala annuale 'Night of Stars' tenutosi a New York e organizzato dal Fashion Group International.

In dicembre a Seattle, in occasione dei venticinque anni di collaborazione tra Missoni e Nordstrom, viene allestita una mostra retrospettiva che presenta l'evoluzione del 'look' Missoni in quarant'anni di moda

1999
In maggio a Londra riceve la Laurea ad Honorem del Central Saint Martin College of Art and Design con la motivazione: "Per il vostro contributo alla Moda Internazionale".
Sempre in maggio alla Hall of State di Dallas riceve il 'Dallas Historical Societies's Stanley Award for lifetime achievement in fashion design'.
A San Francisco gli viene conferita la Laurea ad Honorem 'Doctor of Humane Letters' dell' Academy of Art College, la più importante Università ad indirizzo artistico negli Stati Uniti.

2001
Grandi celebrazioni in famiglia e in azienda per gli ottant'anni di Ottavio.

2002
A Roma riceve il "Premio Leonardo Qualità Italia 2002" al Quirinale in presenza del Presidente della Repubblica Ciampi. Il premio è assegnato ogni anno a tre imprenditori che abbiano registrato con le loro aziende i maggiori successi sui mercati internazionali.

2003
Nata nel 1953 l'attività Missoni compie 50 anni. In occasione di questo anniversario Missoni allestisce una grande sfilata retrospettiva: una selezione di più di 100 modelli scelti tra i pezzi storici dell'archivio con l'intento di mettere in risalto la continuità e insieme l'attualità del proprio linguaggio. Si crea così uno spettacolare itinerario di invenzioni, innovazioni e anticipazioni inconfondibilmente legate alla storia Missoni.

In maggio Missoni è l'ospite d'onore al Life Ball di Vienna, uno tra i più importanti eventi benefici d'Europa a favore di AIDS Life. Qui presenta in anteprima la sfilata retrospettiva. Il debutto ufficiale è però a Milano durante la settimana della moda di ottobre, con un finale a sorpresa: cala un un enorme sipario e appaiono i dipendenti dell'azienda in veste di "Angeli" mentre applaudono commossi la famiglia Missoni. Suzy Menkes in un articolo sull'International Herald Tribune commenta: "I benamati Missoni sono come la moda italiana vorrebbe vedere se stessa: una grande felice famiglia di pratici maghi".

In luglio durante la manifestazione "Donna sotto le stelle" Ottavio e Rosita ricevono a Roma il "Premio alla Carriera" dal Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Cav. Mario Boselli.

Da settembre il Mode Museum di Anversa (MOMU) dedica per sette mesi il lounge d'ingresso a Missoni con un'installazione che comprende gigantografie di tessuti, illustrazioni, foto e proiezioni video della maison

In ottobre durante la settimana della moda a Milano il Comune di Milano conferisce a Ottavio e Rosita "l'Ambrogino" d'oro "quale segno di vivo apprezzamento, amicizia e simpatia di Milano e dei milanesi".
Sempre in ottobre a Milano al Circolo della Stampa, la Galleria "La Spirale 2000" e la stamperia d'arte "L'incisione di Corbetta" presentano una raccolta di opere grafiche di Ottavio Missoni.

In novembre la sfilata retrospettiva è presentata a Tokyo presso lo Yoyogi Stadium e a Londra al prestigioso Victoria and Albert Museum. Per l'occasione il V&A allestisce per 9 mesi una retrospettiva dedicata a Missoni.

2004
Continuano negli Stati Uniti le celebrazioni del 50° anniversario con la presentazione della sfilata retrospettiva: in marzo durante la settimana della moda canadese il sindaco di Toronto, David Miller, consegna un premio speciale per la moda ai Missoni e in ottobre Neiman Marcus premia i Missoni con il Dallas Fashion Awards.
Si inaugura alla fine di ottobre al Museo della Moda e del Costume di Brescia la mostra 'Missoni e Tiziano. Colore e luce dal Rinascimento veneziano alla moda del '900'. Parte di un progetto espositivo sul tema arte e moda, la mostra testimonia ". l'influenza della pittura e del tonalismo lagunare del Cinquecento sulle scelte cromatiche di un grande stilista contemporaneo: Ottavio Missoni".

2005
In febbraio in occasione dell'Expo Universale 2005 ad Aichi (Giappone) Missoni cura l'allestimento dello spazio espositivo della Regione Friuli Venezia Giulia all'interno del Padiglione Italia sul tema "Armonia delle Diversità".
In luglio nell'ambito dell'8^ Biennale Giuliana d'Arte al Palazzo Regionale dei Congressi di Grado (Gorizia) viene allestita la mostra "I colori di Missoni" in cui sono esposti arazzi e disegni di Ottavio Missoni.


by Valentina Porcellana on 27.11.05 at 16:22 | Permalink |

25.11.05

Presentazione e programma del modulo

Innovazione e Creatività

Nel contesto istituzionale dell'insegnamento di Strategia e Politiche Aziendali del 2° anno del Corso di Laurea Magistrale (specialistica) in Economia Aziendale dell'Università Carlo Cattaneo-LIUC è stato richiesto alla Fondazione Giannino Bassetti di gestire, sulla base delle proprie competenze, la docenza del modulo "Innovazione e creatività" di 18 ore (6 sezioni di tre ore), per il curriculum in Marketing. Cinque di queste sezioni saranno aperte ai frequentanti del modulo "Innovazione e Imprenditorialità".

Il ruolo istituzionale della Fondazione Giannino Bassetti

La Fondazione Giannino Bassetti si pone come mission la sensibilizzazione di imprenditori, comunicatori ed enti culturali e di ricerca ai temi dell'innovazione e della sua responsabilità, per incentivare una politica culturale dell'innovazione responsabile.
Si veda lo statuto online della FGB.

Con questa esperienza di didattica innovativa la Fondazione Bassetti si mette al servizio di un ente di formazione come la LIUC, nel proprio ruolo di matrice di sapere formativo oltre che di ispiratrice e osservatorio di ricerche e sensibilità diffuse sull'innovazione e sulla sua responsabilità.

Ne deriva anche un'occasione di riflessione organica sull'essenza del pensiero della FGB e della sua mission. Tra i primi aspetti della responsabilità verso un fenomeno storico come quello della innovazione vi sono quelli di
a) analizzarla , conoscerla e farla conoscere ai giovani;
b) esaltarla e promuoverla,
c) promuoverne l'ottimalità e la responsabilità

La FGB ritiene che l'Università sia un luogo adatto per portare questa problematica, poiché i giovani ne sono i destinatari naturali, e lavora perché sia affrontata da attori effettivamente impegnati sul campo. In particolare è interessata a condurre questa verifica nel particolare contesto di Castellanza, storicamente legato alla presenza industriale, con una popolazione scolastica legata da un rapporto sociologico stretto con l'imprenditorialità locale.


Obiettivi del corso

L'intento del Corso è quello di sviscerare meglio di quanto non facciano i mass media cosa vuol dire "innovazione": per esempio l'innovazione non è solo quella strettamente legata ai risultati della ricerca scientifica ma è anche legata alla creatività estetica e pratica e alla capacità di combinare in modo nuovo, e accettato dal mercato, elementi in larga parte già esistenti ma incrementati nei contenuti di funzionalità ed estetica.
E' questa l'innovazione che si sviluppa al di fuori di procedure ad alta intensità di scienza e capitale (science and capital intensive) e fa invece riferimento essenzialmente a caratteristiche individuali quali l'intuito, il gusto, la forza personale di trascinamento e di persuasione dell'imprenditore coinvolto (poiesis intensive).
L'innovazione è esercizio di responsabilità e fa dell'imprenditore un soggetto storico e politico. Con questo corso ci si propone di sviluppare nei giovani che si accingono ad assumere un ruolo di futura classe dirigente nell'industria, nei servizi e nelle libere professioni, una nuova consapevolezza della propria responsabilità di imprenditori-innovatori, anche come irripetibile opportunità di sviluppare le proprie idee e la propria personalità, incidendo sulla realtà che li circonda.

Tra i temi specificamente trattati ci saranno i concetti di innovazione e imprenditorialità; il vero significato del concetto di innovazione e la sua tipologia; le implicazioni dell'innovazione poiesis intensive; la responsabilità storica dell'innovazione di contro a quello, più conosciuto, della formalizzazione di un bilancio sociale ovvero dell'etica d'impresa.


Metodologia didattica

Secondo la metodologia dei casi, verranno privilegiate le testimonianze di imprenditori innovativi che hanno creato occasioni di successo anche in ambienti low-tech. L'obiettivo è quello di offrire un ventaglio di testimonianze diverse su come realmente si è fatta innovazione, a partire dai problemi contestuali e dal quadro motivazionale dell'imprenditore, di volta in volta approfondendo le problematiche tecniche relative a ciascun quadro aziendale.
Le testimonianze sono pensate come occasioni di confronto e contatto con esperienze imprenditoriali e personali importanti maturate sul territorio. Ciascuno dei testimonials porta infatti il proprio punto di vista su innovazione e responsabilità, e sarà chiamato a interloquire con quello della FGB e degli studenti, esplicitando come si sia posto di volta in volta il problema della responsabilità dell'innovazione.
Saranno così esplicitati sia vincoli politico-morali delle scelte innovative imprenditoriali, sia la gratificazione esistenziale che deriva dall'innovazione. L'innovazione a tutto spettro, quindi non solo quella scientifica, coinvolge gli imprenditori innovatori in prima persona. Essa implica, oggettivamente, una responsabilità, quindi sfida a soggettivare il senso di questa responsabilità.


Calendario degli incontri

Le lezioni si terranno tra fine novembre e fine gennaio, il lunedì mattina dalle 10.00 alle 13.00 in aula C112 secondo il seguente calendario:

28 novembre 2005
10.00-11.30: presentazione del corso e spiegazione della sua ratio a cura di Piero Bassetti
11.30-13.00: ospite Ottavio Missoni, Presidente di Missoni SpA

5 dicembre 2005
10.00-11.30: ospite Ernesto Gismondi, Presidente di Artemide SpA
11.30-13.00: navigazione guidata del sito FGB a cura di Tommaso Correale Santacroce

12 dicembre 2005
10.00-11.30: ospite Silvio Scaglia, Presidente di Fastweb
11.30-13.00: ospite Rosario Messina, Presidente di Flou SpA

19 dicembre 2005
10.00-11.30: navigazione guidata del sito FGB a cura di Tommaso Correale Santacroce
11.30-13.00: ospite Silvano Pedrollo, Presidente di Pedrollo SpA

9 gennaio 2006
10.00-13.00: ospite Alberto Schena, Direttore Strategie e Attività estere di InfoCamere SpA

16 gennaio 2006
10.00-11.30: ospite Claudio Carlone, Presidente di Hypothesis.
11.30-13.00: conclusioni a cura di Piero Bassetti

Gli incontri saranno introdotti e moderati da rappresentanti della Fondazione Bassetti (Piero Bassetti, Massimiano Bucchi, Cristina Grasseni, Valentina Porcellana) in sinergia con alcuni docenti interni della LIUC: (Alessandro Sinatra, Fernando Alberti, Alberto Poli, Salvatore Sciascia).

Materiale di lettura e uso del sito FGB: www.fondazionebassetti.org

Il materiale didattico includerà, oltre a rassegne stampa ad-hoc di preparazione di ciascun incontro che verranno circolate in classe e sul sito web della FGB (in questo blog), come materiale di riferimento la biografia esemplare di un imprenditore-innovatore:
Giannino Bassetti. L'imprenditore raccontato. A cura di R. Garruccio e G. Maifreda, Rubbettino Editore, 2004

Una parte importante del confronto con i "testimoni" prescelti sarà costituita dalla riflessione post-evento (follow-up), condotta in prima persona dagli studenti del corso, con modalità telematiche apposite (call for comments) attivate sul sito della Fondazione Bassetti.
Altrettanto importante sarà la preparazione degli incontri, da organizzarsi attorno a questioni che verranno elaborate nella prima lezione di introduzione al modulo e che saranno discusse in un apposito blog durante il corso sul sito della FGB.


by Valentina Porcellana on 25.11.05 at 09:14 | Permalink |